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Sorelle sfregiate con l’acido a Napoli, indagine su TikTok per identificare chi era con la zia fermata

Gli inquirenti sono al lavoro per identificare i giovani che, insieme alla 19enne fermata, hanno preso parte al raid con l’acido contro le due sorelle a Napoli.
A cura di Nico Falco
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Un frame da uno dei video su TikTok
Un frame da uno dei video su TikTok

Chi erano i ragazzi che quella notte stavano insieme alla 19enne fermata, se hanno partecipato consapevolmente al raid e se erano a conoscenza del fatto che la ragazza avesse con sé una bottiglia di sgorgante per tubature. Particolari, ancora al centro delle indagini sulla vicenda delle due sorelle di 23 e 17 anni sfregiate con l'acido a Napoli, su cui gli inquirenti stanno cercando di fare chiarezza anche esaminando i profili su Tiktok. Al momento il fermo è scattato soltanto per la 19enne, a lei i reati (tra cui quello di deformazione dell'aspetto mediante lesioni) vengono contestati in concorso con altre persone che restano da identificare.

A Napoli due sorelle sfregiate con l'acido

La notte del 30 maggio a quella che il gip definisce una vera e propria spedizione punitiva sul corso Amedeo di Savoia hanno partecipato diversi giovani: almeno 6, di cui quattro ragazze e due ragazzi. Circostanza ricostruita dalle indagini della Squadra Mobile (dirigente Alfredo Fabbrocini) sotto il coordinamento del pool Fasce Deboli della Procura di Napoli (pm Giulia D'Alessandro, coordinatore il procuratore aggiunto Raffaello Falcone), sulla scorta delle dichiarazioni delle due sorelle sfregiate con l'acido, ma anche grazie ad un video, girato dalle telecamere di sorveglianza, che ha ripreso alcune fasi del raid e che mostrerebbe il momento in cui la 19enne scende dallo scooter su cui è arrivata e si avvicina a quello delle due ragazze.

L'aggressione, hanno ricostruito gli inquirenti (e come si legge nel decreto di fermo) sarebbe avvenuta in due fasi: la 19enne, in un gruppo di circa 6 persone, si sarebbe avvicinata verso le due sorelle di 23 e 17 anni, che nel vederla si sarebbero rapidamente allontanate; le avrebbe quindi inseguite sullo scooter guidato da un'altra ragazza e, dopo averle fatte cadere, avrebbe gettato loro l'acido addosso.

La difesa della fermata: "Avevano loro l'acido"

Diversa la versione della 19enne sottoposta a fermo, che ammette di essersi avvicinata alle due ragazze, ma dice di averlo fatto dopo essere stata insultata; circostanza ritenuta non credibile dagli inquirenti, che contestano la distanza tra le tre, circa 70 metri, che avrebbe reso impossibile udire le offese. Inoltre, la 19enne ha negato di avere portato con sé l'acido, dicendo che ad averlo erano proprio le due sorelle e che si sarebbero ustionate mentre si contendevano la bottiglia per schizzare il liquido corrosivo su di lei.

La ragazza, zia delle due vittime in quanto sorella della loro madre, si trova ora nel carcere femminile di Pozzuoli; il gip Saverio Vertuccio non ha convalidato il fermo, giudicando insussistente il pericolo di fuga, ma ha disposto la misura cautelare per quella che definisce "straordinaria e radicata propensione a risolvere qualsiasi questione mediante il ricorso a inaudite forme di violenza". L'avvocato della 19enne, Bernardo Scarfo', ha annunciato ricorso al Tribunale del Riesame.

[La Smart incendiata. Foto Gaia Martignetti/Fanpage.it]
[La Smart incendiata. Foto Gaia Martignetti/Fanpage.it]

Le indagini sui social: mesi di insulti e minacce su TikTok

All'origine dell'astio tra le due famiglie ci sarebbero dei comportamenti del nonno delle ragazze e di un'altra zia, che avrebbero determinato l'allontanamento tra i due nuclei familiari. Indagando sui profili social dell'indagata e delle vittime, gli investigatori hanno scoperto una serie di video, in particolare su TikTok, che contengono minacce e allusioni. Proprio partendo da quei post gli inquirenti stanno delineando, oltre ai contorni della vicenda che ha avuto un epilogo così terribile, anche l'identità di chi era coinvolto nel litigio e che potrebbe avere preso parte al raid.

I sospetti, apprende Fanpage.it da fonti qualificate, si concentrerebbero su altri giovanissimi del Rione Sanità e delle zone limitrofe, alcuni di questi presenti o citati anche nei video delle minacce verso la famiglia delle due sorelle. Resta da chiarire, infine, anche la circostanza dell'incendio dell'autovettura, una Smart usata dalle ragazze e dalla madre, che era stata bruciata la notte dell'11 maggio scorso.

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