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Covid 19

Scuole: prime a chiudere, ultime a riaprire. Ma in Campania la situazione Covid è davvero critica

Oggi la realtà dei fatti è svelata: la Campania sprofonda nella crisi Covid, negata nei mesi scorsi. È strutturalmente deficitaria nei sistemi ospedalieri, ha colpevolmente concesso (come il resto d’Italia) ogni cosa durante una folle estate con un nemico che incombeva. Oggi le scuole, Cenerentola d’Italia, sono le prime a pagare. Ma non si può fare altrimenti: o rallentiamo tutto o rischiamo un Natale tragico.
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La Campania ha sbagliato gran parte della gestione Covid da maggio in poi. Non ha potenziato come avrebbe dovuto i posti letto disponibili negli ospedali, non ha adeguato il personale disponibile, non ha gestito al meglio la necessità di aumentare il numero di tamponi per individuare il Coronavirus sugli asintomatici. Insomma: è stato un mezzo disastro. Le scuole sono state le prime a chiudere in primavera, le ultime a riaprire in autunno e saranno di nuovo sacrificate sull'altare della pandemia: già ci sono proteste, giuste, di genitori, insegnanti, presidi, del mondo degli intellettuali e di quella parte di politica che va contro Vincenzo De Luca e denuncia le enormi inefficienze del sistema Campania, dove si parlava di "miracolo" e dove invece – ora lo capiscono tutti – miracoli non ce ne sono per nulla.

Detto ciò: con i livelli di contagio odierni (contagiosità all'8,18%, contro il 5,40% nazionale) e con l'allerta per la tenuta delle terapie intensive reso noto dal  Monitoraggio del ministero della Salute e Iss c'è una sola cosa da fare per far calare i contagi: rallentare. Il virus non ha mani né piedi: si fa dare un passaggio e siamo noi a darglielo. Quindi per far calare questa possibilità occorre diradare la vita sociale. E come si fa? Chiudendo ciò che si può chiudere. Dopo le scuole, se dovesse continuare così, ci sarebbero i trasporti. E poi le aziende. Una ipotesi di lockdown totale metterebbe economicamente in ginocchio la Campania. Quindi fino al 30 ottobre vale la pena tentare il tentabile, fermo restando un dato che è bene sia chiaro a tutti, fuor di retorica e scevro da ipocrisia: è chiaro a tutti, vero, che c'è una parte di governo nazionale che è sulle posizioni di De Luca e attende anzi di capire come andrà l'esperimento Campania per  chiudere le scuole altrove? Rallentare, dunque. Non si può fare altrimenti: o rallentiamo tutto o rischiamo un Natale tragico.

Scuole e università non significa soltanto bambini e studenti. Significa professori, bidelli, presidi, genitori che accompagnano e vanno a prendere. Nelle ultime ore abbiamo potuto assistere a proteste di ogni tipo: mancate sanificazioni, banchetti che non bastano, distanze non rispettate. Andava organizzata meglio la riapertura? Sicuramente. Come sicuramente andavano limitati a settembre, non a frittata fatta, i locali e la movida ma c'era troppo da guadagnare e troppo da perdere in termini di consenso elettorale. L'avevamo detto e da facili profeti non ce ne vantiamo: sarebbe arrivato in Campania il tempo delle scelte dure e lo svelamento del disastro sanità coperto da una foglia di fico per mesi. In questi casi la verità si può falsificare, la realtà no.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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