Sarracino (Pd): “Il condono edilizio in Campania è uno spot disperato, la destra sa che qui perderà”

Marco Sarracino, classe 1989, deputato del Partito Democratico, responsabile Mezzogiorno nella segreteria Dem guidata da Elly Schlein, parla di quest'ultima fase della campagna elettorale in Campania che fra qualche giorno, domenica 23 e lunedì 24, culminerà nel voto per rinnovare il consiglio regionale. Lo schieramento Pd-M5S-Avs sostiene la candidatura di Roberto Fico. La prima battuta di Sarracino è sul balletto «chi non salta comunista è» dei leader del centrodestra, la premier Giorgia Meloni, in primis, con Matteo Salvini e Antonio Tajani, a Napoli, durante il comizio per il candidato del centrodestra, Edmondo Cirielli.
«Mi faccia dire… sono alla disperazione totale. Una scenetta fuori dalla realtà, è il segnale di una destra in difficoltà, che sa di perdere qui anche a causa delle scelte compiute negli ultimi tre anni nei confronti della Campania e del Mezzogiorno».
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«Qui Giorgia Meloni avrà la più grande sconfitta della sua storia politica. Del resto come potrebbe essere altrimenti? Abbiamo vissuto tre anni in cui hanno tagliato sanità, scuola, fondo perequativo infrastrutturale, con 3,5 miliardi tolti ai territori e spostati sull’inutile ponte sullo Stretto di Messina. È la destra più antimeridionalista di sempre. Le cittadine e i cittadini della Campania lo sanno benissimo».
Negli ultimi giorni la proposta principale è quella di riaprire, con un emendamento in manovra finanziaria, i termini del condono edilizio 2003 che il governo Berlusconi volle e che l'allora Regione di centrosinistra, con Antonio Bassolino, bloccò. Il centrosinistra e il candidato progressista alla Regione Roberto Fico sono contrari.
«Assolutamente contrari. È uno spot elettorale e le dirò che sono pronto a scommettere su una cosa: quell'emendamento verrà ritirato dopo le elezioni, una volta incassata la sconfitta. Del resto ci sono sono crepe nella maggioranza su questo emendamento-spot, scritto da gente che non sa più cosa inventarsi. È inaccettabile e comunque lo contrasteremo in Parlamento. Ma oggi hanno fatto dell'altro».
Si riferisce alle pre-intese per l'autonomia differenziata che il ministro Calderoli firmerà con le Regioni Liguria, Lombardia, Piemonte e Veneto a nome del Governo Meloni, vero?
«Esatto. È il primo passo verso il più grande riassetto di poteri della nostra storia repubblicana. Significa, per esempio, che il Veneto potrà pagare di più insegnanti della Campania o della Sicilia, che il personale sanitario al Nord potrà essere pagato più che in Calabria. Significa pensare a una politica commerciale estera regionale, che collocherebbe le imprese fuori dal mercato. Dobbiamo ragionare come Unione Europea, non come venti staterelli. È il retaggio ideologico di una destra che non ha mai rinunciato all’idea della secessione leghista, e Giorgia Meloni è complice – se non protagonista – di questa vicenda. Non sono patrioti: stanno spaccando la patria. E tutti i parlamentari meridionali della destra che stanno zitti, compreso Cirielli, ne sono responsabili».
Torniamo alle Regionali. Che campagna elettorale è stata? Lei ne avrà viste un po' da quando ha iniziato a far politica.
«Dal 2012 tutte quelle che ci sono state e non sono state poche…».
Cosa è cambiato dalla prima?
«Tutto. Sono cambiate radicalmente. All'epoca i social non avevano la rilevanza che hanno oggi: ora entrano nella vita delle persone e condizionano il voto, a volte purtroppo sostituendo la stampa. Poi l'intelligenza artificiale avrà sempre più un ruolo nella propaganda politica e dobbiamo esserne consapevoli. È cambiato anche il rapporto con i cittadini: una volta i partiti avevano un radicamento territoriale molto più solido. Io sono orgoglioso che il Partito Democratico, dal 2012 in poi, quel radicamento non solo non lo abbia perso, ma lo abbia rafforzato: circoli, amministratori locali, giovani democratici. Continuiamo a farlo e continueremo a farlo».
Roberto Fico nell'intervista con Fanpage ha parlato di un metodo di lavoro evidentemente diverso che porterà, se eletto, a Palazzo Santa Lucia. Al netto del governatore, pensa che quest'elezione cambierà qualcosa anche nell'approccio del Pd regionale?
«Il Pd si confermerà la prima forza politica della Regione, ne sono fiducioso. Io ho sostenuto fin dall’inizio che Roberto Fico fosse la persona giusta, per metodo e per approccio: è umile, sa stare tra la gente e sa ascoltare. Deciderà con le forze politiche quali proposte mettere in campo per la Campania e per il futuro dei cittadini. E le dirò, farà bene al Partito Democratico. Non dobbiamo essere solo forti nel consenso: dobbiamo essere percepiti come una forza che si cala nei problemi quotidiani delle persone. La nostra lista non è fatta solo da chi ha ruoli di partito e sa raccogliere voti, ma rappresenta la società campana. Francesca Amirante, la nostra capolista, è una docente che si occupa di cultura, una personalità capace di contaminare il Pd e rafforzarlo su un tema – quello della cultura – su cui in Campania abbiamo fatto un po’ di fatica a proporre un modello chiaro. Se penso che Fratelli d'Italia candida Gennaro Sangiuliano, che di cultura capisce poco… direi che siamo sulla strada giusta».