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Rivolta contro la discarica di Pianura, Nonno assolto dall’accusa di devastazione

Il consigliere regionale della Campania Marco Nonno è stato assolto dall’accusa di devastazione per i disordini contro la riapertura della discarica di Pianura, a Napoli.
A cura di Nico Falco
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Il consigliere regionale della Campania Marco Nonno è stato assolto dall'accusa di devastazione nell'ambito del processo di secondo rado che lo vedeva imputato per gli scontri avvenuti 14 anni fa nel quartiere napoletano di Pianura contro la riapertura della discarica. La sentenza è stata pronunciata dalla quarta sezione della Corte di Appello di Napoli; Nonno è stato però condannato a due anni di reclusione, con pena sospesa, per resistenza a pubblico ufficiale.

I fatti risalgono al gennaio 2008, Napoli e la Campania erano nel pieno dell'emergenza rifiuti. Secondo gli inquirenti ci fu un patto tra ultras, politici e imprenditori che avevano realizzato costruzioni abusive nel quartiere; l'obiettivo era scongiurare la riapertura della discarica di contrada Pisani, che avrebbe significato un grosso danno per gli imprenditori: il valore delle case sarebbe crollato e sarebbero stati costretti a vendere ad un prezzo ancora più basso le abitazioni abusive. La protesta si trasformò in guerriglia urbana: vennero attuati blocchi stradali, ci furono scontri con le forze dell'ordine e alcuni autobus vennero dati alle fiamme.

Nonno, difeso dagli avvocati Giovanni Bellerè e Massimo Fumo, all'epoca dei fatti contestati era consigliere comunale di Alleanza Nazionale; in primo grado, nel maggio 2014, era stato condannato a 8 anni di reclusione, insieme ad altri imputati, tra cui esponenti dei gruppi Ultras del Napoli. Con Marco Nonno sono stati assolti dall'accusa di devastazione anche Francesco Carteciano (difeso dall'avvocato Diego Di Bonito, ha ottenuto una assoluzione piena( e Marco D'Oria. Gli imputati erano complessivamente 18, quattro di loro hanno patteggiato la pena: si tratta degli ultras Dario Di Vicino e Luigi Russo (5 anni e 10 mesi di reclusione) e di Alessandro Nusco e Rosario Longobardi (5 anni e 8 mesi di reclusione); per due imputati è sopraggiunta la prescrizione.

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