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Riapertura scuole, parla la preside di frontiera: “Senza istruzione perdiamo i ragazzi”

Eugenia Carfora è la preside dell’istituto Morano di Caivano, alle porte di Napoli. La scuola si trova all’interno del Parco Verde, luogo divenuto tristemente noto per casi di pedofilia e degrado. Qui andare a scuola significa salvarsi. Significa costruire un futuro diverso. Con il Covid e la didattica a distanza la campanella non ha più suonato. Oggi, a poche settimane dalla paventata riapertura degli istituti scolastici in tutta Italia, Eugenia Carfora chiede che si riapra, in sicurezza, come sempre, ma che non si lasci questi ragazzi a un futuro incerto.
A cura di Gaia Martignetti
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«Dobbiamo dire al Parco Verde che lo Stato c'è, perché noi non sappiamo come andrà a finire ma dobbiamo provare a entrare in questi meandri e dire al Covid, leggo così ti distruggo». Quando entriamo all'istituto Morano di Caivano (Napoli), la preside Eugenia Carfora si aggira tra le aule vuote per organizzare il rientro dei suo ragazzi. Dal 5 marzo nessun alunno è più entrato qui, la campanella ha smesso di suonare, questa scuola di vivere. Perché, come lei stessa spiega, la scuola è empatia, è incontro. In questo luogo più che mai.

Il Morano si trova all'interno del Parco Verde, divenuto tristemente noto per casi di pedofilia e degrado, dove però il talento, se coltivato, è più forte che altrove. Perché salva. Chiudere quel cancello non è stato facile, come del resto non sarà probabilmente riaprirlo. Ma la preside Carfora quando le si chiede da quanto aspetti il suono della campanella, risponde senza esitare: «Con tutta me stessa». La seguiamo mentre si aggira per la scuola, nell'aula predisposta per gli eventuali casi Covid, in luoghi che saranno riorganizzati ma intatti. Nei corridoi resiste la voglia di imparare e accogliere. «È umano aver paura, ma quello che c'è da fare è talmente importante che la paura passa in secondo piano».

La preside non teme la riorganizzazione, il banco da sistemare, la parete da pittare, spiega, sono cose con cui ha a che fare da anni. «Quello che mi preoccupa è non convincere i genitori che chi viene a scuola si salverà. Se tu dovessi immaginare di aprire i cancelli in ritardo qua è la fine. Tu non li riprendi più quei ragazzi. Nei giorni "maledetti" non mi ricordo di un supermercato che non abbia venduto il latte perché non si produceva, non ricordo che non abbiano continuato ad operare le industrie per i beni primari. Certo, la spesa  a Caivano nelle palazzine non è arrivata da parte dello Stato, è arrivato il "sub – stato" e nessuno si è preoccupato». Poi, prima di t0rnare a occuparsi della scuola, dei banchi e di come gestire l'emergenza Covid, aggiunge: «L'unica terapia contro il Covid è l'istruzione. Quel suono, quella musica di quella campanella dovrà invadere tutto il Parco Verde»

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