Regionali Campania, Luca Trapanese (M5S): “Subito un sostegno al reddito, le famiglie non ce la fanno più”

"Togliere il Reddito di Cittadinanza non è vero che ha tolto le persone dal divano. Le persone non erano sul divano. Ha creato invece molto lavoro nero e azioni che ledono la dignità delle persone. Oggi Napoli è molto affaticata e credo che tutta la Campania lo sia. Bisogna lavorare affinché ci siano più risorse non solo per il lavoro, ma per tutti i bisogni delle famiglie, che non ce la fanno ad arrivare a fine mese".
Non ha dubbi Luca Trapanese, per 4 anni assessore alle Politiche Sociali del Comune di Napoli nella giunta Manfredi – al momento ha sospeso l'incarico – oggi candidato come capolista per il Movimento 5 Stelle alle elezioni regionali in Campania del 23 e 24 novembre prossimo a sostegno di Roberto Fico, candidato come governatore.
Fico ha lanciato la proposta di un sostegno al reddito in Campania, che ne pensa?
È un tema al quale ho lavorato tanto come assessore alle politiche sociali di Napoli per 4 anni e di cui mi sono occupato sotto la guida di Roberto e del M5S. Quando il Reddito di Cittadinanza è stato tolto dal Governo Meloni ed è stata inserita la misura dell'Adi, l'assegno di inclusione, una fascia di persone è rimasta completamente scoperta. Donne e uomini che non rientrano né negli occupabili né nelle categorie fragili.
Il centrodestra ha detto che è contrario al sostegno al reddito. Cosa risponde?
Noi non vogliamo fare false promesse. Non vogliamo dare 100 euro in più di pensione agli anziani. Ma vogliamo immaginare di creare un contributo importante duraturo nel tempo per tutte le categorie fragili.
Qualche esempio?
Una categoria alla quale vogliamo dare grande attenzione sono i care giver. Persone che hanno rinunciato alla loro vita, soprattutto donne, madri, mogli, lavoratrici, che vivono l'indipendenza dei loro figli con grandissima difficoltà. Non possono avere solo 250 euro all'anno. Devono avere un reddito fisso che dia loro una dignità e che non sia rendicontabile. Perché si sostituiscono alle istituzioni e allo Stato, mentre hanno rinunciato a qualcosa della loro vita.
Per tanti anni nell'amministrazione Manfredi ha svolto il ruolo dell'assessore occupandosi degli ultimi. Da questo osservatorio, qual è la situazione che ha trovato a Napoli?
Sono stati quattro anni importanti, di grande formazione. Siamo in un momento di grande povertà non solo in Campania, ma in Europa. Le famiglie faticano ad arrivare a fine mese. Gli stipendi non bastano. C'è un problema di abitazioni. Le case costano troppo. Non abbiamo mai investito negli immobili popolari. Per esempio, assieme a Laura Lieto, la vicesindaca e assessora all'Urbanistica, abbiamo creato il primo condominio sociale. Abbiamo creato una serie di azioni a sostegno delle famiglie. Ma in questo momento io posso dire che le famiglie sono povere, affaticate, hanno bisogno di avere più soldi. C'è il problema della casa e del lavoro che va affrontato.
Un altro tema importante è quello delle politiche per le persone con disabilità. Lei ha un'esperienza personale, che progetti ha?
Il tema delle persone con disabilità è molto scottante. Quando sono diventato assessore c'erano poche centinaia di bambini che ricevevano l'assistenza specialistica, oggi sono 2700 con un impegno di 23 milioni di euro. Gli assegni di cura venivano erogati, ma in maniera non regolare. Abbiamo deciso di darli a tutti i gravissimi, dividendo la somma. E abbiamo creato una marea di attività. La disabilità non è un problema di welfare, è una azione culturale. Abbiamo bisogno che sia presente in tutte le azioni dell'amministrazione: quando si scrive una legge sul lavoro, sulla cultura, sulle strade, sulla scuola. Perché il bimbo con disabilità che diventa adulto ha bisogno non di trovarsi nella sua diversità, ma di essere accolto attraverso le sue capacità. Credo che in Regione si possa fare moltissimo.
A cosa pensa?
A partire dalla richiesta di più fondi. Creare percorsi di inserimento lavorativo veri, dove si lavora bene con le aziende e creare posti di lavoro per le persone con disabilità. Avere i fondi per i tirocini ma non avere l'aggancio con le aziende non serve. Poi, bisogna lavorare molto sulla scuola, affinché sia integrata. Immaginare attività a scuola come la logopedia, la psicomotricità, che fanno bene a tutti, non solo al bimbo con disabilità. Che diano la possibilità alle famiglie di trovare un centro di servizi, di ascolto. Un modello diverso dalla scuola di oggi. Io credo molto nel sostegno alla genitorialità. Al di là dei figli con disabilità. Le famiglie hanno bisogno di essere sostenute e accompagnate e trovare punti di riferimento. C'è poi un'ultima cosa che mi sta a cuore.
Che cosa?
Non parliamo mai di sessualità delle persone con disabilità, di sessualità con i giovani. È un tema che dobbiamo iniziare da un punto di vista culturale a divulgare, perché poi vediamo in giro tanti disastri.