Preso killer di Emanuele Durante, la mamma: “Provo un dolore disumano, questa strada è un cimitero”

C'è un tratto di via dei Tribunali, nel cuore di Napoli, dove sembra di entrare in un cimitero. All'altezza dell'incrocio con piazza Sedil Capuano, sorgono decine di edicole, lumini, gigantografie, murales e scritte dedicate ai ragazzini morti ammazzati negli ultimi anni. Nella parte più interna della piazza sorge un grande striscione con la scritta "Giustizia X Emanuele Durante", poco distante c'è un piccolo locale dove la mamma di Emanuele, Valeria Brancaccio, ha sistemato diversi altarini, fotografie e una teca con gli oggetti personali di Emanuele. Una sorta di mausoleo dove raccogliersi in preghiera nel ricordo di un ragazzo di 20 anni, pieno di sogni, che non c'è più. Meta di pellegrinaggio per parenti, amici, gente comune e qualche giornalista.
Oggi quello stanzino era particolarmente affollato, perché nella notte una vasta operazione delle forze dell'ordine ha portato all'arresto di 16 persone, tra cui i presunti killer di Emanuele Durante ed Emanuele Tufano, uccisi rispettivamente il 15 marzo e il 24 ottobre scorsi, il primo di 20 anni e il secondo di appena 15. Emanuele Durante è stato ucciso mentre si trovava in auto con la fidanzata quando è stato sparato in via Santa Teresa degli Scalzi, una vera e propria esecuzione in stile camorristico, poco distante dal Museo Archeologico Nazionale. Da subito gli inquirenti hanno puntato sulla pista delle baby-paranze che da anni seminano il terrore nel cuore di Napoli.
"Il centro di Napoli è diventato un cimitero".
Avviciniamo la mamma di Emanuele, visibilmente scossa per quanto aveva appreso da poco dai giornali: "Finalmente li hanno presi, dopo 2 mesi di agonia – spiega Valeria in lacrime – spero in una pena esemplare, spero che gli diano il fine pena mai e non lo dico per vendetta, visto che nessuno mi restituirà più mio figlio, lo dico perché se così non fosse, moriranno altri 100, 1000 ragazzi come mio figlio. Solo così questa strada non diventa un cimitero. Vi prego basta non ce la facciamo più".
Da circa un anno, dopo il divorzio, Valeria e suo figlio non vivevano più insieme e Valeria racconta di non essersi mai accorta delle frequentazioni sbagliate di suo figlio: "Anche se non vivevamo insieme la gente mi rincuorava, tutti mi dicevano che Emanuele era un bravo ragazzo e anche lui mi raccontava sempre dei suoi sogni, come quello di aprire una pizzeria".
Alla moltitudine di ragazzi giovanissimi uccisi a colpi di pistola corrispondono altrettante mamme. Hanno il cuore spezzato, tanta rabbia e si stanno organizzando: "Ho sentito anche la mamma di Santo Romano, altro ragazzo ucciso a colpi di pistola, ci siamo abbracciate, è stata una persona squisita. Noi siamo disposte a combattere affinché quello che è capitato ai nostri figli non capiti più a nessuno, ma non vogliamo essere lasciate sole dalle istituzioni, l'impegno deve essere di tutti, anche di chi è chiamato a giudicare gli assassini, perché se le pene fossero adeguate vedrete che nessuno più si prenderà la briga di uccidere tanto facilmente".