
È operativa l'ordinanza con la quale il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi ha "limitato" la movida partenopea bar e locali chiusi nei luoghi più affollati della città all'una di notte da domenica a giovedì e alle 2 il venerdì e il sabato, niente vendita di alcolici da asporto così come niente musica in strada dopo la mezzanotte.
Ordinanza che vale solo in alcune zone ritenute particolarmente ‘sensibili' alla movida notturna, ed in vigore solo dal 17 febbraio al 17 giugno 2022, ovvero 4 mesi. Un provvedimento sicuramente restrittivo, ma che sarebbe ingiusto definire solo in questi termini.
In tanti si sono scatenati, parlando di "proibizionismo alla napoletana", di limitazione delle libertà personali e perfino paragonando questo provvedimento ai vecchi lockdown registrati in piena emergenza Covid. Ma non si tratta di nessuno di questi casi. Come detto, l'ordinanza vale per determinati luoghi interessati alla movida: in particolare la zona universitaria e quella dei baretti e dei locali di Chiaia, da sempre al centro di diverse problematiche legate al mondo della movida.
In una città con un alto senso civico, un'ordinanza del genere non sarebbe stata necessaria: in una città dove uscire con gli amici per una birra o due non si trasformi in un sovraffollamento di strade senza criterio, con musica a tutto volume proveniente da locali, dove bottiglie di vetro e plastica vengono gettate a terra senza alcun ritegno e così via, tutto questo non sarebbe stato necessario.
Il sovraffollamento degli spazi deriva, indubbiamente, anche da marciapiedi e strade dove proliferano indisturbati tavolini e sedie, riducendo le carreggiate per la circolazione anche degli stessi residenti. Quando poi a tavolini e sedie si aggiungono migliaia di giovani che vi abbandonano rifiuti di ogni tipo, si fa presto a capire quale sia il vero senso dell'ordinanza del sindaco Manfredi: ricordare a tutti che esistono delle regole, non scritte, che si chiamano "del vivere civile". Napoli purtroppo viene da 10 anni (se non di più) in cui queste regole sono state dimenticate da tutti.
E dove al vuoto generato dall'assenza politica (intesa come attivismo civico) e sociale non è stato contrapposto nulla: mentre spuntavano locali, bar e B&B, chiudevano librerie, associazioni, scuole di musica. E a una velocità tale che i giovani si sono lasciati andare, senza più alcun freno. E questo da prima della pandemia che ha ulteriormente velocizzato il processo dopo il lockdown e le zone rosse.
Non ci sarebbe bisogno di un'ordinanza del genere se vi fosse, insomma, quella che si chiama "educazione". Più volte i residenti delle zone interessate dall'ordinanza hanno lamentato problemi non proprio di secondo piano: impossibilità a raggiungere le proprie abitazioni durante le ore della movida, musica a tutto volume che rendeva impossibile dormire e creava problemi soprattutto ai bambini più piccoli e ai lavoratori, perfino svalutazione dei propri appartamenti da parte del mercato immobiliare, e via dicendo.
Quest'ordinanza sarebbe superflua se, ad esempio, esistessero i modi di attraversare le strade della movida per un'ambulanza, magari in zona per prestare assistenza a qualche anziano, qualche malato, e via dicendo. Sarebbe superflua se questa enorme forza d'attrazione delle strade della movida non generasse, inevitabilmente, anche furti, rapine, vandalismi, aggressioni, talvolta con minori coinvolti.
La mia non è una chiave di lettura forzata ed "anti-giovanile" dei fatti: le cronache sono piene di episodi del genere, tutti avvenuti nelle medesime zone. Il controllo e le limitazioni non servirebbero, se i più giovani (e non solo) conoscessero quelle che si chiamano come già detto "regole del vivere civile". Lo ha ribadito lo stesso sindaco Manfredi all'interno dell'ordinanza, difendendo anche la movida come valore economico importante ("risorsa preziosa per rendere la città vivace, in grado di generare valore sociale, oltre che economico, e di operare come magnete per i turisti"), ma sottolineando ancora una volta che si tratti di "un provvedimento avente una vigenza temporale funzionale al processo rieducativo orientato a radicare diverse abitudini orarie finalizzate al corretto utilizzo del tempo libero inteso come divertimento sano e benessere psico-fisico, in quanto strumento fondamentale di aggregazione sociale".
Ma purtroppo in questo momento storico la maggior parte delle regole sembrano sconosciute ai più. E l'ordinanza del comune di Napoli, forse, vuole proprio farle ricordare. Le ore di "educazione civica" nelle scuole forse sono sparite troppo presto. E talvolta purtroppo non appartengono neppure a determinati retaggi familiari. La cosa più triste tra le tante è proprio che ci voglia una ordinanza, per farle ricordare e nella speranza che al di là di multe e sanzioni (anche salate, in questo caso) servano a farle comprendere ai più. Senza educazione, senza civiltà, senza un forte senso di auto-critica, questa città è morta. Anche se da fuori si vedrà un proliferare di lucine colorate.
