Ordinanza flop a Napoli: chiusura anticipata per alcuni locali ma la movida si sposta di pochi metri

Abbiamo documentato gli effetti della nuova ordinanza che a Napoli impone la chiusura di una decina di locali, ma la movida si è solo spostata di qualche metro.
A cura di Peppe Pace
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Gli effetti dell’ordinanza: da un lato Vico Quercia deserto, dall’altro il caos nelle piazze adiacenti
Gli effetti dell’ordinanza: da un lato Vico Quercia deserto, dall’altro il caos nelle piazze adiacenti

Dopo l'entrata in vigore della nuova ordinanza sulla movida a Napoli, che nei giorni scorsi aveva causato la protesta dei proprietari dei locali colpiti dal provvedimento, ci siamo fatti un giro nel centro storico, raccogliendo le testimonianze dei ragazzi, degli abitanti e degli esercenti. Il provvedimento prevede, per due mesi, la chiusura anticipata dei locali alle 00.30 dalla domenica al giovedì e all'01.30 il venerdì e il sabato, nonché il divieto di vendita per asporto di bevande, sia alcoliche che analcoliche, già a partire dalle 22.00.

Ma solo in alcune strade del centro storico di Napoli. Si tratta di un piccolo quadrilatero compreso tra via Toledo e piazza del Gesù, delimitato da via Domenico Capitelli, vico Quercia, vico II Quercia, via Nina Moscati, via Cisterna dell’Olio, vico II Cisterna dell’Olio e vico III Cisterna dell’Olio. L'ordinanza è limitata solo a queste strade, dove i residenti hanno fatto causa al Comune per il rumore nelle ore notturne ed è in corso un contenzioso giudiziario e amministrativo.

A quattro giorni dall'entrata in vigore dell'ordinanza, ecco cosa abbiamo visto. Verso le 22.30 di domenica 9 novembre, mentre i locali di Vico Quercia e della zona intorno al Modernissimo iniziavano a svuotarsi, a poche decine di metri c'era il caos: caroselli di moto nell'area pedonale di piazza Dante, casse a tutto volume sugli scaloni dell'Accademia della Belle Arti e così via fino a via Bellini, dove i ragazzi che fino a ieri frequentavano i locali di Vico Quercia si sono riversati in massa dopo l'ordinanza.

"Le persone che cacciamo, si spostano nelle strade affianco"

"Io sono costretto a cacciare le persone alle 10 di sera, ma le stesse persone che io mando via si spostano nella piazza e nelle vie adiacenti – spiega Luca Coda, proprietario del bar Oak – non solo, se ti compri una cassa di birra con gli amici tuoi nella strada affianco e vieni a bertela qui puoi farlo, se invece te la vendo io rischio 20 mila euro di multa". Perplessità e preoccupazione per le sorti del quartiere sono state espresse anche da alcuni giovani residenti: "A me sembra che l'ordinanza che arriva da Palazzo San Giacomo – spiega Davide – non risponda alle esigenze di un centro storico che è diventato più sicuro grazie al fatto che le strade sono piene di gente".

"Con i locali chiusi, torna il buio"

Dello stesso avviso Attilio Makesse, titolare del bar Malocchio, che ricorda bene come erano quei vicoli prima dell'apertura dei bar: "Ricordo che prima di aprire riempivamo le buste di siringhe. La chiusura dei nostri locali riporterà nel quartiere la microcriminalità, gli scippi, che erano all'ordine del giorno, ma soprattutto i tossicodipendenti che venivano a drogarsi con la complicità della scarsa illuminazione e dell'isolamento". Ma gli esercenti non se ne staranno con le mani in mano a vedere il frutto dei propri sacrifici morire così. Per questo, all'indomani della serrata di venerdì 7 novembre e pur rimanendo aperti al dialogo con i residenti e con l'amministrazione comunale, stanno già preparando un ricorso, come spiega l'avvocato Roberta Valmassoni: "Siamo in procinto di presentare ricorso al TAR e confidiamo nell'accoglimento di una sospensiva cautelare immediata, perché ogni giorno che passa è un danno non solo per gli esercenti ma anche per la vitalità di tutto il quartiere.

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