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Covid 19

Morto di Covid don Raffaele Falco, il prete anticamorra di Ercolano

Morto all’età di 77 anni don Raffaele Falco, parroco anticamorra di Ercolano. Malato da tempo, aveva contratto il Coronavirus nell’ultimo periodo, che non gli ha lasciato scampo. Storico fu il suo “mandate l’esercito” e le manifestazioni anticamorra quando ad Ercolano infuriava la guerra fra clan, che mieteva vittime nelle strade e metteva a repentaglio il futuro dei giovani in città.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Don Raffaele Falco, il parroco anticamorra di Ercolano.
Don Raffaele Falco, il parroco anticamorra di Ercolano.
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Non ce l'ha fatta don Raffaele Falco, il prete anticamorra di Ercolano: il Covid lo ha stroncato a 77 anni compiuti lo scorso 4 gennaio, portandosi via un altro pezzo pregiato della storia recente della cittadina vesuviana. Don Raffaele Falco, che già da tempo soffriva di altre patologie, aveva contratto il Coronavirus nelle scorse settimane, ed alla fine ne è stato sopraffatto. Spirito battagliero d'altri tempi, con la sua morte ha scosso nuovamente i cuori dell'intera cittadina ercolanese, dove predicava dall'altare della Chiesa del Redentore, a due passi dalla stazione "Miglio d'Oro" della Circumvesuviana ed in una delle zone dove più si erano combattute faide di camorra negli anni passati.

Era il 1993 quando il suo nome divenne noto anche al resto d'Italia: mentre ad Ercolano la guerra tra il clan Ascione e la triade formata dalle famiglie Esposito-Del Prete-Iacomino infuriava, lui tuonò contro i camorristi, invocando urbi et orbi l'invio dell'esercito da Roma, per porre fine alla faida che in quel periodo aveva raggiunto il suo apice, arrivando perfino ad un omicidio plateale come quello di Salvatore Esposito, detto Lelluccio, che il 30 luglio di quell'anno fu freddato mentre era testimone di nozze di un altro affiliato, Lucio Di Giovanni, ‘o Lucio, anche lui ucciso tempo dopo in un altro raid. Al matrimonio, i killer erano tra la folla che assisteva al tradizionale taglio del nastro da parte della sposa, quando estrassero le armi e spararono all'impazzata, uccidendo Lelluccio e gettando nel terrore l'intera comunità, che da mesi viveva in una situazione simile ad un assedio interno da parte della camorra. Un episodio che lasciò il segno, con don Raffaele che dopo la richiesta dell'esercito, organizzò più cortei anticamorra per sensibilizzare il più possibile l'opinione pubblica e soprattutto i giovani di allora.

"Quando il nome dei camorristi veniva citato a bassa voce, nel timore che qualcuno sentisse, c’era un parroco ad Ercolano, che invece gridava tutto il suo disappunto e la sua rabbia contro chi seminava paura e morte nelle strade della nostra città": così lo ha ricordato Ciro Buonajuto, sindaco di Ercolano, citando quel “Fate venire l’esercito” per il quale don Raffaele divenne poi noto a tutti. "Si fece portavoce della voglia di riscatto e di giustizia di un’intera comunità. Furono le sue parole, i suoi messaggi, il suo grido di aiuto a smuovere le coscienze di tutti. Le forze dell’ordine arrivarono in città e andarono nelle case dei camorristi", ricorda Buonajuto, "Iniziò, grazie alle parole di quel parroco, quella lunga onda di anticamorra che ha permesso alla nostra Ercolano di trovare il coraggio di denunciare, di combattere e di vincere la sua battaglia contro l’illegalità. Oggi che Don Raffaele Falco è ritornato alla Casa del Signore, Ercolano si sente più triste, ma in noi resteranno indelebili i suoi insegnamenti e la sua straordinaria forza. Grazie Don Raffaele", ha concluso il primo cittadino di Ercolano.

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