Lettera aperta di Sandro Ruotolo a Giancarlo Siani, nel 40esimo anniversario dalla sua morte per mano della camorra

Sandro Ruotolo dopo decenni passati a inseguire la notizia, raccontare le piazze infuocate di rabbia o quelle silenziose d'omertà camorristica difende oggi, in altro ruolo, da europarlamentare, l'informazione libera e indipendente.
Ruotolo ha voluto scrivere e dedicare una lettera aperta alla memoria di Giancarlo Siani, giornalista-giornalista, come lo definivano nel film che racconta la sua storia, "Fortàpasc", ammazzato dalla camorra sotto casa il 23 settembre del 1985, quarant'anni fa. «Ricordarti – scrive Ruotolo – significa capire che senza giornalismo libero non c’è democrazia». E fa l'elenco dei Paesi in cui il giornalismo non è ancora libero e quelli in cui è a rischio ogni giorno di essere zittito col piombo dei proiettili, dal Messico a Gaza.
Ciao Giancarlo,
sono passati quarant’anni dalla tua morte.
Quarant’anni da quella sera di settembre in cui la camorra decise che la tua colpa era semplicemente quella di fare il tuo mestiere: dare una notizia, raccontare i fatti, informare i cittadini.
E io continuo a trovarlo insopportabile che in un Paese democratico, un giornalista possa essere ucciso solo perché ha scritto la verità.
Caro Giancarlo c’è quella foto bellissima che ci ritrae insieme in una conferenza stampa in prefettura . E’ di qualche mese prima che ti uccidessero i signori della morte. Io oggi ho i baffi bianchi, tu hai invece quell’età per sempre.
Quaranta anni dopo, le cose non sono cambiate come avremmo sperato.
Pensa, Giancarlo: ancora oggi mettono una bomba davanti casa di Sigfrido Ranucci, il conduttore di Report, ancora oggi una cronista di Fanpage trova la testa di un capretto scuoiato davanti alla porta di casa, non in Sicilia o in Calabria ma nella ricca Lombardia, a Monza.
È la prova che il tuo sacrificio, come quello di tanti altri, non ha insegnato abbastanza a questo Paese.
E sì, è vero: anche noi giornalisti abbiamo una responsabilità. Ci sono giornalisti che rischiano e fanno il loro dovere, ma ci sono anche i “caporali”, per dirla con Totò, quelli che abbassano la testa o che diventano complici del potere. Io sono convinto che se quella notizia che tu avevi scritto l’avessero scritta in tanti, se il rischio fosse stato condiviso, forse oggi saresti vivo.
Oggi in Italia ci sono 29 giornalisti sotto protezione dello Stato, minacciati dalla criminalità organizzata. Ventinove in tempo di pace.
E fuori dai nostri confini il panorama è persino più cupo. In Messico, 174 giornalisti ammazzati. A Malta, Daphne Caruana Galizia saltata in aria in pieno giorno. In Medio Oriente, a Gaza: oltre 250 giornalisti uccisi dall’esercito israeliano, insieme a centinaia di familiari. Una strage silenziosa.
E poi c’è la delegittimazione quotidiana, anche qui in Europa. La crisi delle democrazie liberali coincide con la crisi della libertà di stampa. È il segno che l’informazione non è libera, non è indipendente.
Ricordarti significa capire che senza giornalismo libero non c’è democrazia.
Ricordarti significa dire che non possiamo arrenderci alle minacce, alla violenza, al silenzio. Caro Giancarlo, se oggi fossi con noi, saresti ancora per strada a cercare una notizia. Noi, nel tuo nome, continueremo a difendere il diritto alla verità. E allora, permettimi di chiudere con il finale di un bellissimo monologo di un altro grande napoletano, Eduardo De Filippo, che sapeva guardare il mondo con lucidità disarmante:
E’ sempre cos’e nient.
Tutte le situazioni così l’abbiamo risolte: è cosa ’e niente, è cosa ’e niente.
Non teniamo che mangiare: è cosa ’e niente.
Ci manca il necessario: cosa ’e niente.
‘O padrone muore e io perdo il posto: vabbuo’ cosa ’e niente, cosa ’e niente.
Ci negano il diritto della vita: è cosa ’e niente.
Sempre cosa ’e niente. No, Giancarlo, nun e’ cosa ‘e niente perdere la libertà di stampa. Ciao, Giancarlo