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Le infiltrazioni del clan D’Alessandro nella Juve Stabia: gli ex presidenti, i biglietti, lo stadio

Nel decreto con cui la Juve Stabia viene sottoposta all’amministrazione giudiziaria il Tribunale elenca i vari punti di contatto della società calcistica con esponenti del clan D’Alessandro.
A cura di Nico Falco
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La Polizia di Stato nello stadio Romeo Menti della Juve Stabia, a Castellammare
La Polizia di Stato nello stadio Romeo Menti della Juve Stabia, a Castellammare

Una infiltrazione "chiara", così come è "chiaro il condizionamento", che è "serio, stabile, pericoloso": così il Tribunale di Napoli definisce la situazione della Juve Stabia, la società calcistica sottoposta all'amministrazione giudiziaria per l'influenza dei D'Alessandro, storico clan di Castellammare di Stabia. Nel decreto, che arriva in seguito alla proposta del Procuratore Nazionale Antimafia, del Procuratore di Napoli e del Questore di Napoli, vengono illustrati tutti i punti di contatto tra il gruppo di camorra e la società calcistica, con un ragionamento chiaro: agli occhi dei cittadini la Juve Stabia è controllata dai D'Alessandro, e la gestione di un club di tale importanza rappresenta lustro per la consorteria criminale.

L'importanza della società Juve Stabia

Nel decreto viene rapidamente ripercorsa la storia della Juve Stabia, per evidenziarne l'importanza nel panorama calcistico. Si tratta, infatti, di una delle realtà più longeve e significative del Sud Italia. Fondata nel 1907 a Castellammare di Stabia, nel 1939 assunse il nome di Società Sportiva Juventus Stabia per poi diventare, nel 2003, Società Sportiva Juve Stabia. Nello stesso anno è stata promossa in serie C2 e ha vinto la Coppa Italia in serie D. Nel 2001 è stata promossa in Serie B e da allora, dopo alti e bassi e varie stagioni in Serie C, nella scorsa stagione ha sfiorato la promozione in Serie A.

I rapporti tra i presidenti e il clan

Nel decreto vengono nominati vari presidenti che, negli anni, sono ritenuti contigui o sottomessi al clan. Si parte da Domenico Raffone, che ha ricoperto il ruolo negli anni '80: era il consuocero del capoclan Luigi D'Alessandro e lui stesso esponente apicale del gruppo di camorra. Poi, Francesco Giglio (2008-2013), secondo i collaboratori di giustizia prestanome dei D'Alessandro. Quindi Francesco Menniello, che è stato presidente per oltre dieci anni, fino al 2020, che secondo un collaboratore di giustizia pagava il pizzo al clan.

Il presidente odierno, Andrea Langella, viene specificato nel decreto, è ritenuto lontano da logiche criminali, ma dalle indagini è emerso che la società è ugualmente condizionata in modo significativo dai gruppi criminali della zona.

Le infiltrazioni nell'organigramma

Attualmente nell'organigramma figura Roberto Amodio, direttore del settore giovanile, anche lui indicato dal collaboratore di giustizia Pasquale Rapicano (ex clan D'Alessandro) come persona a disposizione del clan e imposto alla società dal gruppo criminale; Amodio era stato coinvolto in una inchiesta su scommesse clandestine e partite pilotate della Juve Stabia e, sebbene gli elementi raccolti non abbiano portato ad una condanna penale, aveva ricevuto una sanzione disciplinare di inibizione per tre anni (in quella vicenda era stata coinvolta anche la Juve Stabia, che era stata penalizzata di tre punti nel campionato successivo, del 2011-2012).

La gestione della vendita dei biglietti

La Juve Stabia, nel 2003, ha stipulato un contratto con la "Come on web Srl" per l'erogazione dei servizi di biglietteria elettronica (in esclusiva) e sponsorizzazione. Le indagini sono state estese anche a numerose attività commerciali, tra cui lo Store Juve Stabia (che ha facoltà di emettere abbonamenti e biglietti) ed è emersa la prassi diffusa di alterazione dei dati anagrafici inseriti per consentire l'accesso allo stadio a soggetti pregiudicati e colpiti da Daspo, molti dei quali considerati contigui al clan D'Alessandro.

Tra chi è risultato avere usufruito di questa pratica, che il Tribunale definisce "certamente nota e quantomeno tollerata", vengono indicati diversi nomi, alcuni dei quali hanno anche avuto tariffe ridotte facendo risultare una diversa età. Ancora, molti degli esercizi accreditati per la vendita biglietti sono gestiti da soggetti imparentati con esponenti dei D'Alessandro e del clan Cesarano. E l'interrogazione del sito ufficiale ETES, ossia il sistema per l'emissione e la gestione dei titoli, ha portato a un altro dato, ritenuto dagli inquirenti molto rilevante: numerosi biglietti omaggio venivano dati a pregiudicati legati alla criminalità della zona.

Altro soggetto finito sotto i riflettori, Ignazio Avitabile, individuato come "presenza fissa" nella Sala Ospitality durante le partite giocate in casa: indicato dal responsabile della sicurezza come uomo di fiducia del presidente Langella, è il fratello di Giovanni Battista Avitabile, alias "‘o tuppillo", pluripregiudicato stabiese di recente scarcerato dopo una lunga detenzione per reati commessi quando era legato al clan D'Alessandro.

La gestione del servizio ristoro allo stadio Romeo Menti

Gli inquirenti hanno rilevato altre infiltrazioni anche nella gestione del servizio ristoro, ovvero della vendita delle bibite all'interno dello stadio "Romeo Menti" di Castellammare di Stabia. La buvette è gestita dall'impresa "Michele show di Vitelli Lucia", la cui titolare, così come il marito, risultano incensurati.

Ma nell'elenco del personale impiegato emergono quelli che il Tribunale definisce "nomi interessanti": Luigi Staiano, detto "piccola peste", nipote del capoclan in quanto figlio della sorella, pregiudicato per armi e droga; Francesco Fico, cognato di Staiano e spesso controllato in compagnia d esponenti dei D'Alessandro; Catello Filosa, pregiudicato per droga e fratello di Giuseppe, anche lui pregiudicato e coinvolto, coi D'Alessandro, in una operazione contro una serie di truffe nel settore delle scommesse; Domenico Di Maio e Francesco Maggio, entrambi coinvolti in indagini sui D'Alessandro.

I servizi di pulizia dello stadio

La gestione del servizio di pulizia interna dello stadio Romeo Menti è affidata alle società "Eco Srls" e "Pro Eco Srls", entrambe amministrate da Luigi Calabrese. Che è il genero di Luigi D'Alessandro, in quanto marito della figlia, ed è ritenuto, a sua volta, un elemento di spicco del gruppo di camorra da oltre venti anni. L'uomo, sottolinea il Tribunale nel decreto, avrebbe inoltre preservato i buoni rapporti con gli altri gruppi criminali presenti sul territorio assumendo la moglie di Aldo Gionta (esponente di vertice dell'omonimo clan, egemone a Torre Annunziata).

Le ambulanze nello stadio Romeo Menti

Secondo lo stesso collaboratore di giustizia, Pasquale Rapicano, i D'Alessandro controllano anche il settore delle ambulanze presso lo stadio. A questo proposito il Tribunale ricorda le indagini sulla Croce Verde, società che forniva le ambulanze e che è risultata essere amministrata di fatto da Michele D'Alessandro e Antonio Rossetti, anche quest'ultimo ritenuto legato al clan, e per questo motivo era stata sequestrata.

Attualmente il servizio è gestito dalla "New Life" di Daniele Amendola; secondo le dichiarazioni di Rapicano, Amendola avrebbe preso il posto di Arpaia, ufficialmente amministratore della Croce Verde, per decisione del clan, che avrebbe voluto mettere "nuove facce nel settore" ma conservando ugualmente il controllo.

La security alla società senza licenza

Altro caso evidenziato nel decreto, quello della Vip Security, che il Tribunale definisce "incredibile" e sintomatico del fatto che i vertici della Juve Stabia non possano non sapere che anche quel settore è controllato dalla criminalità: la società gestisce, infatti, il servizio di sicurezza pur essendo sprovvista del titolo autorizzativo per farlo (il Prefetto ha respinto la richiesta di ottenere la licenza per l'attività di vigilanza allo stadio). Il titolare della società, Luigi D'Esposito, viene indicato nell'organigramma della Juve Stabia come "vice delegato alla sicurezza".

Le foto ufficiali coi calciatori della Juve Stabia

La gestione da parte del clan D'Alessandro viene individuata anche in occasione dei festeggiamenti del 29 maggio 2025 per l'ottima prestazione della squadra, organizzati dal Comune. In quella circostanza, al momento della premiazione dei calciatori più meritevoli, sul palco erano saliti Giovanni Imparato, Michele Lucarelli e Raffaele Di Somma, rappresentanti dei tre gruppi ultras della tifoseria che gli inquirenti identificano anche come "indubbi esponenti della criminalità locale", ed erano stati loro a consegnare una targa al calciatore Candellone, per poi comparire anche nelle foto ufficiali della squadra.

La loro presenza in quei momenti sarebbe stata vissuta dalla società calcistica e dalle istituzioni "come fosse normale" e non "con timore né con fastidio". Soltanto il giorno successivo, viene sottolineato nel decreto, quando la testata "La Verità" aveva stigmatizzato quella infiltrazione, il sindaco aveva preso le distanze "da quei soggetti, da tutti conosciuti come esponenti della criminalità della zona".

Le infiltrazioni nel settore giovanile

L'inserimento della premiazione nella scaletta della serata sarebbe stato richiesto dal portavoce del Sindaco, a cui si sarebbe rivolto il team manager della Juve Stabia, Pino Di Maio. Quest'ultimo è lo stesso a cui fa riferimento Silverio Onorato, esponente dei Cesarano detenuto in regime di 41 bis, il 21 agosto 2025, durante un colloquio in carcere col figlio, che ambisce a giocare nella Juve Stabia: l'uomo dice al ragazzo di andare da Di Maio e di dirgli di essere "il figlio di Silverio Onorato".

Questa circostanza ha fatto nascere dubbio anche sulla gestione del settore giovanile, che potrebbe essere, anche questo, compromesso dalle ingerenze dei clan. Ipotesi che per il Tribunale si rafforza per la presenza nell'organigramma di Alfonso Todisco, Dirigente del settore giovanile: è imparentato con esponenti malavitosi della zona e in passato è stato denunciato per favoreggiamento personale per avere aiutato la latitanza del boss Michele D'Alessandro.

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