La camorra dei messaggeri: l’inchiesta Malachim svela relazioni e alleanze del clan Licciardi in tutta Napoli

«Malachim» è una parola ebraica: significa messaggero. È un termine che indica figure che portano ordini, fanno insomma da tramite tra un'autorità superiore e chi sta «a terra». L'inchiesta della Procura di Napoli, Direzione distrettuale Antimafia sul clan Licciardi, una delle tre gambe del cartello camorristico dell'Alleanza di Secondigliano si chiama Malachim perché l'intera l'indagine ruota attorno alla rete di emissari, portavoce e "messaggeri" che (anche colloquiando tranquillamente al telefono con persone detenute) hanno garantito la continuità del clan dopo l’arresto della piccerella, al secolo Maria Licciardi la più temuta donna a capo di un sodalizio criminale napoletano.
Breve contesto: il clan Licciardi, fondato dal defunto Gennaro Licciardi detto ‘a scigna, insieme al boss di Giugliano Francesco Mallardo (Ciccio ‘e Carlantonio) e al ras del Vasto Edoardo Contini, ‘o romano, è storicamente una componente del cartello dell'Alleanza di Secondigliano nata in origine per contrapporsi all'altro macro-sodalizio napoletano, quello dei clan Misso-Mazzarella-Sarno.
La regola numero uno per la sopravvivenza di un gruppo nella camorra napoletana è avere un solido risiko di alleanze. E infatti Secondigliano, quadrante della periferia Nord di Napoli, da sempre intrattiene rapporti di cooperazione criminosa con gruppi satellite, inseriti nella sua orbita di influenza e controllo. Fra questi vi sono i gruppi Sorianiello e Baratto-Esposito, attivi rispettivamente a Fuorigrotta, Bagnoli e nel Rione Traiano, ovvero l'area Occidentale partenopea.
Da una intercettazione parte l'inchiesta sulla rete dei Licciardi
Ed è dai Sorianiello di Fuorigrotta che si parte. Anno 2021: gli investigatori ascoltano un'intercettazione ambientale tra Simone Sorianiello, al vertice dell’omonima consorteria dopo l'arresto di Giuseppe Mazzaccaro, Raffaele Caprio (detto ’o cuppino), capo della piazza di spaccio del “Parco 99” e componente del gruppo di fuoco dei Sorianiello, Alfonso Sorrentino (detto ’o buttafuori, già affiliato agli Iadonisi e oggi organico ai Sorianiello), Luigi Esposito, individuato come affiliato al clan Licciardi e il figlio di quest'ultimo, Gennaro Esposito.
La conversazione per gli investigatori risulta molto importante. Perché? Presto detto: collega la visita di Luigi Esposito a un'aggressione subita da un nipote non identificato di Ciro Trambarulo, ritenuto nell'area Mallardo: circostanza che dimostra come Esposito agisse da portavoce nell’interesse di quest’ultimo. Le dinamiche dei clan sono di una complessità degna di una trama di soap opera e gli inquirenti napoletani le documentano, a partire dall’arresto della capofamiglia Maria Licciardi (7 agosto 2021) e alla scarcerazione del suo luogotenente Paolo Abbatiello (10 luglio 2021). I carabinieri di Napoli immortalano una struttura verticistica stabile, con Abbatiello nel ruolo di reggente. Dal marzo 2022 è iniziato un monitoraggio su Luigi Esposito, uomo molto vicino ad Abbatiello e investito di un ruolo operativo nel clan.
Dal controllo di Esposito emergeva la figura del nipote Giovanni Strazzullo, fondamentale per ricostruire le dinamiche del gruppo criminale cosiddetto «abbasc Miano», guidato da Matteo Balzano (detenuto), e i nuovi rapporti di forza creatisi al Rione Don Guanella con il clan Licciardi.

Una fitta rete di alleanze da Posillipo al rione Sanità fino a Miano
La seconda fase dell'indagine ha documentato l’egemonia di Paolo Abbatiello e i suoi rapporti con una serie di affiliati: Luigi Esposito, Salvatore Sapio, Giuseppe Lucarelli, Raffaele Cardamone, Giuseppe Pellegrino, Gennaro Cannavacciuolo, Gennaro Esposito, Salvatore Montanino, Giovanni Esposito, Luigi Damasco, Giuseppe Celentano, Raffaele Fiore e Luca Gelsomino.
Tra loro spicca Salvatore Sapio, nipote di Abbatiello e suo uomo di fiducia, con un ruolo operativo di primo piano. Ad Esposito e Sapio – talvolta supportati dalle compagne Martina Ferrara e Vincenza Russo, come nella tradizione della camorra napoletana in cui le donne possono avere ruoli operativi di rilievo – Abbatiello affidava direzione ed esecuzione di numerose estorsioni. La terza fase ha ricostruito i rapporti esterni del clan. In particolare si è accertato che i gruppi Esposito e Giannelli, attivi a Bagnoli, sono satellite dei Licciardi. Nel quartiere di Posillipo, il cuore della "Napoli bene" invece, il gruppo aveva posto come capozona Ciro Mendoza, ritenuto reggente del sodalizio posillipino Calone.
Sono emersi inoltre altri rapporti tra il clan Licciardi e altre famiglie camorristiche, una rete solida di alleanze a Napoli centro e nell'hinterland: il clan Mazzarella (con il gruppo della Sanità guidato da Salvatore Savarese, alias ’o mellone), l’area Nord controllata dagli Amato-Pagano, il gruppo Balzano (abbasc Miano), che gestisce l’area di Miano-Piscinola-Marianella-Chiaiano dopo la disgregazione del clan dei cosiddetti capitoni, ovvero i Lo Russo, e infine con gli storici clan dell'agro Nolano Russo-Sangermano, Fabbrocino e Cava.

La gestione di case popolari, recuperi credito e truffe telematiche
Veniamo a oggi, alla notte del 2 dicembre 2025, quando i carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli daranno esecuzione a un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip su richiesta della Dda di Napoli: 19 misure in carcere (di cui 5 a carico di soggetti già detenuti, incluso il capo clan) e 2 ai domiciliari. Sono 21 gli indagati, accusati – a vario titolo – di associazione mafiosa, estorsioni, accesso indebito a dispositivi di comunicazione per detenuti, ricettazione ed evasione, con aggravanti mafiose.
I Licciardi erano in ogni affare. Dalle case ai recuperi credito "difficili" fino alle truffe telematiche. Com'è ampiamente dimostrato in decine di atti giudiziari negli anni, la camorra partenopea ama le case popolari. Gestire i caseggiati di edilizia pubblica del post-terremoto nei quartieri periferici equivale a controllare il territorio, definire confini e linee di difesa contro gli avversari e blindare i traffici di droga e spaccio con sistemi di vedette e nascondigli degli stupefacenti.
Sul fronte della gestione delle case popolari dall'inchiesta è emerso anche un caso in cui una famiglia è stata costretta a pagare per tenersi la casa che le era stata assegnata. «I Licciardi – spiega il procuratore capo Nicola Gratteri – hanno un territorio determinato, come i Mazzarella, in cui i cittadini sono ospiti. In ogni attività, lecita o illecita, devono metterci il becco. È un'esternazione del potere, come lo è anche la gestione delle case popolari: stabilire a chi vanno, significa gestire il potere. È tipico del comportamento mafioso. Le famiglie che sono state favorite dal clan, quando sarà il momento di votare sceglieranno chi viene indicato dalla camorra. Gestire il territorio – ha concluso Gratteri – è preminente rispetto ai soldi, per esempio, delle estorsioni, perché consente di gestire un pacchetto di voti».