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Il sogno del boss di ndrangheta guardando Gomorra: “A Roma piazze di spaccio come Scampia”

Antonio Carzo, presunto boss della ‘ndrina di Roma collegata agli Alvaro-Penna, voleva creare una piazza di spaccio sul modello di quelle di Scampia; l’idea guardando il film Gomorra in tv.
A cura di Nico Falco
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Antonio Carzo, detto ‘Ntoni Scarpacotta, secondo gli inquirenti a capo insieme a Vincenzo Alvaro della propaggine della ‘ndrina degli Alvaro-Penna insediata a Roma, voleva allestire nella capitale una piazza di spaccio che funzionasse come quelle che aveva fatto la fortuna dei clan di Scampia nel periodo d'oro del narcotraffico, quando nel quartiere della periferia nord di Napoli la droga fruttava mezzo milione di euro al giorno. L'idea gli era venuta guardando il film "Gomorra": aveva "studiato" le file di acquirenti, la disposizione degli spacciatori e dei palazzi, e aveva pensato che il sistema potesse essere replicato anche a Roma, con risultati analoghi, dato che anche il quartiere dove abitavano aveva poche vie di accesso e poteva quindi essere facilmente controllato.

‘Ndrangheta a Roma, 72 arresti tra la Capitale e Reggio Calabria

La circostanza emerge dall'indagine che è sfociata nelle 72 misure cautelari dell'operazione "Propagine" (43 arresti a Roma e 29 in Calabria), eseguita ieri dalla Direzione Investigativa Antimafia col coordinamento delle Dda di Roma e Reggio Calabria. Nel mirino degli inquirenti il "locale di Roma", ovvero la propaggine, da qui il nome dell'operazione, ritenuta sotto la diretta gestione della cosca Alvaro-Penna, egemone a Sinopoli, in provincia di Reggio Calabria. Ai domiciliari è finito anche Antonino Gioffrè, sindaco di Cosoleto, che secondo i pm sarebbe stato elettro coi voti della ‘ndrina. A Roma gli Alvaro-Penna sarebbero riusciti, a partire dal 2015, anno in cui la cosca aveva dato il placet per il "locale di Roma", a mettere le mani su numerose attività commerciali del settore ittico, della panificazione, della pasticceria, del ritiro delle pelli e degli olii esausti e avrebbe riciclato montagne di denaro provenienti dagli affari illeciti.

L'impero sarebbe cresciuto a dismisura anche tramite i rapporti con gli altri gruppi criminali: gli inquirenti hanno documentato incontri con esponenti del clan Moccia di Afragola, di cui sono già noti gli interessi su Roma e coi quali i calabresi si sarebbero accordati per spartirsi i clienti romani. Per la riscossione dei crediti la sezione romana della ‘ndrangheta si sarebbe avvalsa di manodopera locale, in particolare della famiglia Fasciani, fino a pochi anni fa considerata egemone ad Ostia e poi soppiantata dagli Spada.

Foto da "Gomorra - La serie"
Foto da "Gomorra – La serie"

A Roma una piazza di spaccio come Scampia, l'idea guardando Gomorra

Le prime conversazioni da cui si evince un interessamento di Antonio Carzo per il traffico di stupefacenti risalgono al 2017. È il 12 agosto, Antonio Carzo e Francesco Calò parlano della possibilità di organizzare il traffico di droga; l'idea è di gestirlo ma senza occuparsene direttamente, facendo soltanto da intermediari tra fornitori e acquirenti, in modo da diminuire i rischi anche se questo avrebbe significato ridurre i guadagni. E soprattutto, si dicono i due, è importante adottare cautele per eludere le intercettazioni, che sarebbero dovute andare oltre le parole in codice: sarebbe stato meglio parlare solo di persona e all'esterno, per non essere intercettati da eventuali microspie ambientali.

Qualche mese dopo, nell'ottobre 2017, viene intercettata un'altra conversazione in cui si fa riferimento agli stupefacenti. A parlare sono Antonio Carzo e Francesco Greco: per gli inquirenti si accordano su come e dove far arrivare la droga. Il 20 dicembre 2017, attraverso un altro dialogo, gli inquirenti ricostruiscono il successivo passo: la famiglia è in possesso della droga e sta cercando il modo per piazzarla sul territorio. Secondo le ricostruzioni il gruppo era entrato in contatto con 6 ragazzi che vendevano marijuana e che la pagavano 60 euro per 5 grammi, e avevano proposto loro la fornitura alla metà: 30 euro per 5 grammi. Si sarebbe trattato di una strategia: inserirsi nel mercato degli stupefacenti con prezzi molto competitivi per poi guadagnare in seguito.

Il pallino, però, era di creare una piazza di spaccio. Conferma di questo proposito sarebbe arrivata ancora da una conversazione intercettata e risalente ad alcuni mesi dopo. È la sera del 10 febbraio 2018, nell'abitazione di via Beata Savina Petrilli, monitorata con le microspie, c'è anche Giulio Versace. In tv stanno dando Gomorra e Antonio Carzo, guardando le file di clienti, lo spaccio di droga "messo a sistema" tra le palazzine, fa notare che la piazza di spaccio di Scampia somiglia a quella di San Basilio, a Roma. E riflette: la zona dove abitano, per via della conformazione urbanistica, permetteva uno stretto controllo degli accessi delle autovetture, era quindi possibile avvistare in tempo le forze dell'ordine e dare l'allarme. Proprio come succedeva a Scampia. Da qui, l'idea: replicare il "modello napoletano".

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