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Il feretro di Ornella Pinto, uccisa dal marito, portato a spalla dalle “donne guerriere”

Ai funerali di Ornella Pinto, il feretro portato dalle donne dell’associazione “Forti Guerriere”: all’esterno del Duomo di Napoli, applausi da parte delle madri degli alunni dell’insegnante, uccisa a 39 anni dal marito con 12 coltellate lo scorso 13 marzo. All’interno, ammessi solo familiari e pochi amici.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Il feretro di Ornella Pinto portato dalle donne dell'associazione "Forti Guerriere".
Il feretro di Ornella Pinto portato dalle donne dell'associazione "Forti Guerriere".
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Si sono svolti questa mattina nella Cattedrale di Napoli i funerali di Ornella Pinto, la donna di 39 anni uccisa con 12 coltellate dal marito, Pinotto Iacomino, 43 anni. Tante le persone che si sono radunate all'esterno del Duomo partenopeo per dare un ultimo saluto all'ennesima vittima di un brutale omicidio avvenuto tra le mura domestiche. A portare il feretro, le donne dell'associazione "Forti Guerriere", accompagnato da lunghi applausi dei presenti, tutti all'esterno della Cattedrale in rispetto delle norme anti-contagio.

Vi erano stati momenti di tensione prima del funerale, quando era arrivata una corona di fiori ed un biglietto di accompagnamento inviato dai genitori dell'uomo, ora in carcere in attesa del processo. Una delle sorelle di Ornella Pinto ha stracciato il biglietto e rifiutato i fiori, poi deposti dalla famiglia ai piede dell'altare. Tensione rientrata quando poi la commozione ha avuto il sopravvento: alla cerimonia funebre, tenuta dall'arcivescovo di Napoli monsignor Domenico Battaglia, ammessi solo i familiari e pochi amici della donna. Hanno atteso fuori invece giornalisti ed operatori, con i quali i familiari avevano polemizzato già nelle scorse ore. Ma all'esterno c'erano anche le madri dei piccoli alunni di Ornella Pinto, che lavorava come insegnante in una scuola della zona. Assieme a loro anche i piccoli, che hanno voluto dare l'ultimo saluto alla propria maestra.

Intanto proseguono le indagini sulla sua morte, avvenuta all'alba dello scorso 13 marzo. L'uomo, dopo averla accoltellata almeno 12 volte, era fuggito in auto per poi fermarsi solo dopo diverse ore a Montegabbione, in Umbria, dove si è consegnato ai carabinieri locali, ai quali ha ammesso le proprie colpo, parlando di "raptus" e dunque sostenendo non vi fosse stata premeditazione. Ma gli inquirenti sono al lavoro, poco convinti da questa ipotesi: proprio su questa circostanza si prevede una dura battaglia legale. Da due anni a questa parte, infatti, il sistema giuridico italiano non ammette il rito abbreviato, con il quale si può avere un forte sconto di pena, qualora venga riconosciuta valida la premeditazione. Che prevede, tra le varie bene, anche l'ergastolo. Le indagini sono intanto passate da martedì alla Procura di Napoli, dopo il trasferimento degli atti da parte del giudice per le indagini preliminari della Procura di Terni.

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