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L'arte del pizzaiuolo napoletano patrimonio UNESCO

Flavio Briatore è contro le pizze a 4 euro. Dimostrando di non aver capito niente

Tentiamo di spiegare a Flavio Briatore perché la sua crociata sul costo delle pizze inizia col piede sbagliato.
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La pizza è un piatto popolare. Po-po-la-re. Quello che non entra in testa a Flavio Briatore è che non sta impiattando un astice blu né sbocciando un Dom Pérignon. Sta vendendo – o almeno tentando – uno dei prodotti gastronomici più diffusi nel mondo. Con la presunzione di voler presentare qualcosa di assolutamente innovativo – del resto si è autodefinito «un genio» -. E quale sarebbe l'innovazione? Schiaffare sul disco di pasta prodotti costosi come il prosciutto iberico Patanegra, il tartufo o il salmone.  «Avanguardia pura», direbbe la Miranda Priestly del "Diavolo veste Prada".

Briatore si interroga provocatoriamente su chi tiene i prezzi bassi, ipotizzando che vi sia qualcosa che non va. A onor del vero, lo abbiamo pensato tutti almeno una volta nel corso della vita: chissà quali sono gli ingredienti veri della pizza che viene proposta a prezzo abbordabile.

Poi però una spiegazione ce la siamo data e senza  per questo sentirci «un genio» come il formidabile imprenditore e geometra cuneese amico di Donald Trump.

Questo sospetto lo si può avere con locali non molto famosi, con poca clientela, marginali insomma. E non napoletani. Non è presunzione, è realtà: a Napoli le cattive pizzerie spariscono nel giro di un anno. Pur volendo contare sull'importante indotto turistico della città che garantisce un flusso costante, conta tantissimo il passaparola.

E poi ci sono le recensioni sui siti specializzati, da Tripadvisor a TheFork, fino ai quelle dei delivery food come Uber Eats o JustEat. C'è gente che dalla mattina alla sera parla esclusivamente di cibo sui social network, da Facebook a Tik Tok a Instagram. E come si fa a contrabbandare una pizza fatta male, con cattivi ingredienti, in queste condizioni? Al secondo errore "sei fuori".

Lo scontrino da Briatore
Lo scontrino da Briatore

Poi, la questione del costo: la pizza a 4 euro a Napoli dove si fa? Ormai in pochissimi posti poiché il costo di una pizza è rincarato anche a Napoli. La farina e l'energia elettrica costano cari per tutti e tutti i locali hanno ritoccato all'insù il proprio prezzario, arrivando ai 4,5, 5, pure 6 o 7 euro per una semplice margherita. Ma senza arrivare a far pagare 15 euro. Perché non è giusto, perché c'è un ricarico pazzesco (pasta, pomodoro, due pugni di mozzarella, basilico, sale e un filo d'olio) perché così la vendi solo allo sceicco degli Emirati Arabi mentre se sei al rione Sanità i tuoi clienti sono anche quelli del Reddito di cittadinanza tanto odiato da Briatore. Disoccupati o no, pure loro devono mangiare. E pure loro hanno diritto alla pizza.

Briatore si dia pace: è un piatto popolare e democratico, la pizza. Potrà venderla agli sceicchi e agli attori di Hollywood ma dalle nostre parti resisterà sempre un banco di marmo in un rione popolare dove all'ora di pranzo, dietro una nuvoletta di farina, si potrà scorgere un individuo vestito in bianco che schiaffeggia un panetto di pasta che di lì a poco sazierà uno stomaco senza essere, come dice Briatore su Instagram «una mattonata con un lago di pomodoro» (poverino, non ha mai mangiato la marinara!).

Il tutto, senza dover proporre al cliente un cracker duro e secco come quelle pizze senza lievitazione che lui ben conosce.

Diverso è poi un altro aspetto sul quale l'imprenditore del Billionaire non si è soffermato: chissà se nelle pizzerie a buon mercato i camerieri, gli addetti al forno e alle bibite o altro sono pagati il giusto.

Da lui al Crazy Pizza come funziona? Ci sono bonus per i camerieri e pizzaioli? Le retribuzioni sono uguali o superiori a quelle previste dai contratti? È sulle buste paga che il compagno Flavio potrebbe battagliare. Ad esempio portando avanti le istanze del salario minimo per tutti.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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