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False fatture per frodare lo Stato, 99 indagati nel Napoletano: sequestrati 31 milioni di euro

Due persone sono state arrestate tra Giugliano e Qualiano, nella provincia di Napoli, mentre altre tre sono state interdette dall’esercizio della professione.
A cura di Valerio Papadia
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Una vera e propria associazione criminale dedita all'emissione di fatture per false operazioni, con lo scopo di frodare il Fisco, è stata scoperta dalla Guardia di Finanza di Napoli nella provincia partenopea, tra Giugliano in Campania e Qualiano: le indagini, coordinate dalla Procura di Napoli Nord, hanno portato all'emissione di cinque ordinanze di custodia cautelare, mentre sono 99 soggetti risultano indagati (tra persone fisiche e società) in tutta la Campania. Sono due le persone finite in manette, di cui una ai domiciliari, mentre altre tre persone sono state interdette dall'esercizio della professione per due anni; inoltre, i militari delle Fiamme Gialle hanno operato un sequestro di denaro per un totale di 31 milioni di euro. I reati contestati sono frode fiscale, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori, realizzati in forma associativa.

Come funzionava la frode al Fisco

Le indagini dei finanzieri e dei magistrati di Napoli Nord hanno portato alla scoperta del metodo utilizzato dagli indagati per frodare il Fisco. Era stato costituito un gruppo di società fittizie intestate a prestanome compiacenti e senza una struttura aziendale vera e propria dalle quali ben 41 imprese effettivamente esistenti e attive; queste ultime pagavano l'acquisto dei materiali inesistenti tramite bonifico bancario alle società fittizie – riconducibili ai due arrestati – che emettevano le false fatture per le suddette false operazioni.

I guadagni venivano poi immediatamente dirottati verso conti correnti esteri intestati a cittadini cinesi residenti in Italia oppure su conti correnti della Repubblica Ceca intestati a società comunque riconducibili all'associazione criminale. Una volta monetizzate le somme di denaro, il gruppo criminale tratteneva l'Iva delle false fatture quale compenso e poi restituiva in contanti la differenza alle società beneficiarie. Il valore della truffa posta in essere ai danni del Fisco è stata quantificata in 5 milioni di euro.

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