605 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

È morto il giornalista napoletano Carlo Franco, reporter di razza

È morto il giornalista napoletano Carlo Franco, reporter di razza. Aveva 82 anni, è stato un cronista per oltre mezzo secolo. Cordoglio per la scomparsa espresso dal presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania Ottavio Lucarelli e dal suo vice, Mimmo Falco.
605 CONDIVISIONI
Immagine

È morto il giornalista napoletano Carlo Franco. Aveva 82 anni. Dalle colonne del Mattino e del Corriere del Mezzogiorno (ma anche Rai e La Repubblica) ha raccontato per anni Napoli, i suoi personaggi e la sua politica. Suo il pezzo d'apertura sulla celebre prima pagina col titolo "Fate Presto" del Mattino (diventata poi leggendaria serigrafia di Andy Warhol) l'indomani del giorno del terremoto del novembre 1980. Cordoglio espresso dal presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Campania Ottavio Lucarelli e dal suo vice, Mimmo Falco.

Scrive Lucarelli, ricordando il collega:

Carlo Franco ci ha lasciato. E con lui perdiamo un pezzo di storia del giornalismo campano. Ottantadue anni , giornalista da quando ne aveva 27, Carlo ha lavorato per il Mattino, la Rai, la Repubblica, il Corriere del Mezzogiorno (sua ultima testata) e tanti altri giornali.

Appassionato di sport e cronaca, politica e inchieste, era tuttora giocatore della squadra di pallanuoto dei giornalisti – ciao Carlo un grandissimo abbraccio-il tuo sorriso e la tua vis polemica già ci mancano.

Gigi Di Fiore, inviato speciale del Mattino e valente saggista, lo ricorda.

Al Mattino lo ricordo bene, fu lui a chiamarmi, ad esempio, la sera che Maradona stava lasciando per sempre Napoli dopo essere risultato positivo al doping, per attivarmi inserendomi tra le firme che avrebbero dovuto scrivere i pezzi nelle pagine che stava coordinando per l'evento. Io avrei dovuto ricordare le vicende giudiziarie di Diego che avevo seguito dall'inizio. Era Carlo che, allo sport, aveva coordinato una squadra insuperabile che aveva raccontato il campionato vinto per la prima volta dal Napoli nel 1987. Cronaca, sport, cultura i settori che aveva guidato negli anni. Redattore capo, fu testimone del famoso titolo "Fate presto" coniato dall'allora direttore Roberto Ciuni, a pochi giorni dal terremoto dell'80.

Era parte della generazione che trovai in via Chiatamone, qualcuno era stato assunto da Ansaldo, tanti sono andati via: Riccardo Cassero, Gerardo Guerra, Peppino Pacileo, Peppe Calise, Gianni Campili, Ciro Paglia, Ernesto Tempesta, Giacomo Lombardi, Clodomiro Tarsia, Gianni Ramasco, Pietro Gargano, Franco Scandone, Romolo Acampora, Diego La Penna, Egidio Del Vecchio, Franco Esposito, Enzo Perez, Mino Jouakim, Carlo Dell'Orefice, Dino De Lorenzo, Marco Pellegrini, Enzo Popoli, Lino Zaccaria, Lello Greco, Vittorio dell'Uva, Pasquale Esposito, Franco Mancusi, Mario Caruso.

E poi, una generazione appena dopo di loro: Francesco Durante, Titti Marrone, Titta Fiore, Gianni Ambrosino, Armando Borriello. Da poco era andato in pensione Arturo Fratta. Colleghi che hanno vissuto altre epoche giornalistiche, quando il Mattino, e i quotidiani in genere, erano assai letti, e la gente aveva solo la tv come alternativa per informarsi. E sentirsi giornalisti in via Chiatamone era motivo di orgoglio e una medaglia.
Quante ne ho sentite, quanti racconti, quante assemblee di redazione nel grande salone poi intitolato a Giancarlo Siani, in cui anche Carlo spesso interveniva con pacatezza.

Al Mattino, all'ufficio stampa del Banco di Napoli, poi dopo la pensione collaboratore a Repubblica e al Corriere del Mezzogiorno. "Mi sarebbe piaciuto scrivere ancora per il Mattino" mi confidò nella telefonata di 11 giorni fa, con un velo di tristezza. Addio, Carlo, con te va via un altro pezzo di giornalismo napoletano e del Mattino di via Chiatamone.

Rosetta D’Amelio, ex presidente del Consiglio regionale, ricorda Carlo Franco sulla sua pagina Facebook: “Sono commossa, c’eravamo sentiti pochi giorni fa. Mi aveva cercata già prima della campagna elettorale. Si stava occupando nuovamente di terremoto, del quarantennale, ed era desideroso di tornare in Irpinia e rivedere i nostri territori a 40 anni dal sisma. È stato un maestro di giornalismo e un amico. E l'Irpinia – sottolinea D’Amelio – gli deve molto, per aver fatto luce con la sua penna sulla sofferenza, il dramma, le responsabilità e i ritardi di quei tremendi giorni seguiti al 23 novembre 1980″.

605 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views