Don Loffredo e la vera storia di “Noi del Rione Sanità”: “Era un ghetto. Servì agire, non prediche”

Padre Antonio Loffredo racconta la sua storia da ex parroco del rione Sanità, confrontandola con la fiction “Noi della Sanità” diretta da Luca Maniero.
A cura di Peppe Pace
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Carmine Recano e padre Loffredo.
Carmine Recano e padre Loffredo.

"Non fatemi la solita intervista tra i vicoli della Sanità", così è cominciata la telefonata con padre Antonio Loffredo, ex parroco della Sanità che col suo libro "Noi del rione Sanità" ha ispirato l'omonima serie tv diretta da Luca Maniero, in onda ogni giovedì su Rai Uno fino al 6 novembre. Ed è così che ci siamo ritrovati sul tetto del Duomo di Napoli, il punto più alto del centro storico, dove la visuale della città è ostacolata solo dall'imponente facciata della cattedrale e dalla cupola della cappella di San Gennaro.

Accovacciati coi pennelli in mano, troviamo alcuni ragazzi intenti a riverniciare la ringhiera del camminamento che perimetra il tetto della cattedrale, formato da migliaia di tegole. Sono i ragazzi della "Paranza" della Sanità", quelli che sono cresciuti con padre Loffredo e che adesso fanno da tutor ai più giovani. Sono stati coinvolti nel progetto del MUDD, il Museo Diocesano Diffuso, gestito dalla Fondazione Napoli C'entro, di cui padre Loffredo è vicepresidente: "Esportiamo il "modello Sanità"- spiega il sacerdote – cercando di tenere aperte la maggior parte delle chiese della città, in modo da offrire opportunità di lavoro e formazione ai giovani".

"La Sanità era un ghetto. La svolta è stata passare dalle parole alle azioni"

Quando chiediamo a padre Loffredo di ricordare i giorni del suo insediamento alla Sanità, la situazione che ci descrive è quella di un ghetto, un posto nel quale ogni faccia nuova viene vista con diffidenza: "La camorra mi consigliò di vestirmi da prete, accettai il consiglio e questo accelerò il mio processo di integrazione, ma la vera svolta si ebbe quando capii che le prediche non servivano, si doveva passare ai fatti".

Padre Loffredo cita un episodio contenuto nella terza puntata della serie, dove don Giuseppe, grazie al suo intuito, riesce a risolvere un problema reale, conquistando la stima degli abitanti del quartiere. "Per essere ascoltato dalla gente della Sanità sono dovuto diventare uno di loro – spiega l'ex parroco – non nascondo di essere stato con alcuni di loro in giro per il mondo, di avere mangiato con loro, di essere stato a casa loro. Nelle prossime puntate la serie si aprirà e parlerà di questo".

Mi riconosco negli abbracci di don Giuseppe. Recano conosceva già la mia storia.

"A volte a don Giuseppe basta un abbraccio per risolvere un problema, per concludere un capitolo, ed è in quegli abbracci che mi sono riconosciuto – racconta il sacerdote – questo mi ha fatto emozionare. Il giorno dopo telefonai a Carmine Recano e gli dissi beati i tuoi figli, perché come abbracci tu, non abbraccia nessuno". Carmine Recano conosceva bene la storia di padre Loffredo e della Sanità: "Veniva a trovare i ragazzi, trasmettendo valori e dando consigli. Ritrovarlo nelle vesti di don Giuseppe è stato molto emozionante".

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