Come faceva Napolitano Store a tenere prezzi così bassi: il meccanismo ricostruito dall’inchiesta della Finanza

Il segreto del prezzi così bassi applicati da Angelo Napolitano nei suoi negozi sarebbe una frode che si basa sul meccanismo del "reverse charge": è quello che ha ricostruito la Guardia di Finanza, con indagini che hanno portato al sequestro di beni per oltre 5 milioni di euro nei confronti dell'imprenditore 47enne, volto noto anche su TikTok, e della sua società, la "Am Distribution"; la truffa ruoterebbe sul mancato versamento dell'Iva, tramite società cartiere, e su una grossa quantità di prodotti venduti in nero. Il valore dei beni da sequestrare è stato calcolato, sugli anni 2023 e 2024, sulla base della differenza tra gli scontrini fiscali e quelli non fiscali (che costituirebbero una seconda contabilità), e corrisponde all'Iva da versare su incassi di circa 26 milioni di euro. Napolitano ha replicato con un video sui social in cui si dice tranquillo e pronto a dimostrare di essere in regola
L'indagine sulla Am Distribution di Napolitano
La società al centro dell'indagine è la "Am Distribution" Srl, le cui quote sono detenute al 95% da Angelo Napolitano e per il restante 5% da Lidia Esposito, dipendente della società e moglie di Marco Panico, identificato dalla Guardia di Finanza come lavoratore dello store (seppur non formalmente assunto) e persona di completa fiducia di Napoletano, tanto da essere riferimento per i dipendenti sui prezzi e per i pagamenti e da occuparsi in prima persona degli acquisti della merce da vendere in assenza del titolare.
Dalle dichiarazioni annuali della società i finanzieri hanno ricostruito i volumi d'affari distinti per anno: dai 2 milioni di euro del 2017 ai quasi 21 milioni di euro nel 2023, con un forte balzo tra il 2019 e il 2020 (da poco meno di 3 milioni a 14 milioni). Dall'esame sulle fatture di acquisto e vendita, inoltre, è emerso che la società applicava un ricarico di circa il 3% per i cellulari Apple e un ricarico tra 8% e 10% per quelli di altra marca.
I telefoni venduti solo in contanti a prezzi stracciati
Per le indagini la Guardia di Finanza ha esaminato i prezzi di diversi smartphone Apple il 3 maggio 2024 nei negozi che fanno capo a Napolitano, confrontandoli con quelli della casa produttrice e degli altri competitor, riscontrando differenze significative sui vari modelli:
- Iphone 13 128 gb (495 euro, prezzo Apple 759 euro, competitor da 579 a 699 euro),
- iPhone 15 Plus 128 giga (830 euro, prezzo Apple 1.129 euro, competitor da 949 a 1.099 euro),
- iPhone 15 pro max 256 gb (1.050 euro con caricabatteria, prezzo Apple 1.489 euro, competitor da 1.299 a 1.489 euro),
- iPhone 15 128 gb (670 euro, prezzo Apple 979 euro, competitor da 779 a 929 euro)
- iPhone 15 pro 128 gb (840 euro da Am Distribution, prezzo Apple 1.239 euro, competitor da 999 a 1.099 euro).
Al fronte della vendita al cliente finale, veniva emessa una sorta di "bolletta", molto simile ad uno scontrino ma con nessuna valenza fiscale, che serviva per giustificare e monitorare l'uscita della merce del magazzino e, eventualmente, per sostituzioni del prodotto in caso di malfunzionamenti.
Le "maglie dell'Avellino" per i pagamenti
In diversi video Angelo Napolitano aveva reso chiaro che le offerte valevano soltanto per i pagamenti in contanti e che preferiva le "maglie dell'Avellino", intendendo le banconote da cento euro, che hanno lo stesso colore, ovvero verde. In sostanza veniva applicato un doppio tariffario, pratica non lecita, con un prezzo più alto per chi volesse pagare con strumenti tracciabili e forti sconti per chi, invece, usava i contanti.
Questa circostanza trova riscontro anche in diverse telefonate intercettate (e menzionate nel decreto di sequestro del gip), nelle quali dipendenti e collaboratori dicono chiaramente che il prezzo più basso è solo per chi paga in contanti.
Le vendite col regime di "reverse charge"
In merito ai fornitori, le Fiamme Gialle non hanno riscontrato anomalie. Esaminando le vendite, invece, hanno riscontrato che l'incremento del volume di affari era determinato da prodotti assoggettati al meccanismo del "reverse charge", inizialmente concepito per gli scambi intracomunitari e poi esteso ad alcune categorie di prodotti (tra cui smartphone, console da gioco, laptop e tablet).
In buona sostanza, sotto il profilo dell'Iva, al momento dell'acquisto l'imposta diventa neutra (Iva a debito e Iva in detrazione si compensano, annullandosi) ma il cessionario dovrà applicarla al momento della vendita in regime ordinario, emettendo quindi fattura a cui si aggiunge l'imposta (che poi dovrà versare all'Erario).
Di conseguenza, le società clienti della Am Distribution avrebbero dovuto rivendere i beni al consumatore finale. Cosa che, però, non avveniva. Si trattava di società che si occupavano di tutt'altro: non elettronica e telefoni ma consulenza amministrativa, ingrosso di cartoleria, ingrosso di termoidraulica. Per gli inquirenti si tratta di società "cartiera", con diversi profili di criticità fiscale; secondo la ricostruzione, tramite queste, e il pagamento in contanti, si sarebbe aggirata la tassazione in favore degli incassi in nero.
In un giorno 150mila euro incassati in nero
Soltanto il 12 agosto, ultimo giorno prima della chiusura per le ferie estive, Napolitano avrebbe incassato circa 150mila euro in nero. La circostanza è agli atti nel decreto di sequestro e viene ricavata dal confronto da quanto detto dall'imprenditore (intercettato) e i documenti recuperati dalle Fiamme Gialle. Parlando al telefono, infatti, il 47enne sostiene di avere incassato quel giorno circa 195mila e di avere versato in banca 250mila euro.
Dalle verifiche è però emerso che, per quella stessa giornata, erano state emesse fatture per 10mila euro e scontrini per 32mila euro, per circa 42mila euro totali. Da qui la somma mancante di 150mila euro circa che, scrive il gip nell'ordinanza, si può ritenere riconducibile a incassi "in nero". A riscontro delle somme citate al telefono, è stato poi accertato che l'imprenditore aveva versato in contanti sul conto corrente della società circa 160mila euro in quella giornata.
Evasi 5 milioni di euro su 26 milioni incassati
Per stimare l'importo dell'Iva evasa (e quindi il corrispondente in beni da sequestrare), la Guardia di Finanza ha esaminato la documentazione relativa al 2023 e il 2024, cercando le corrispondenze tra gli scontrini fiscali e quelli non fiscali.
Nel dettaglio: per il 2023 risultano scontrini non fiscali per circa 16 milioni di euro e fiscali per 8 milioni; da qui la differenza di 8 milioni, che costituiscono gli "elementi attivi sottratti a tassazione Iva". Per il 2024, seguendo lo stesso ragionamento, la differenza è di 18 milioni di circa (26.500 non fiscali e 8.500 fiscali). Complessivamente la società avrebbe sottratto alla tassazione 26.093.459 euro, di conseguenza evadendo l'Iva (al 22%) per totali 5.740.560 euro.
Il decreto di sequestro ha interessato anche uno yacht da 16.5 metri e un immobile a Gianturco (Napoli est), entrambi intestati ad altre persone ma, per gli inquirenti, di fatto di proprietà di Angelo Napolitano, che formalmente risulta nullatenente.