Chiedevano il pizzo per il clan Belforte, sequestro di beni da 30 milioni a due imprenditori

Come disposto dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della Direzione investigativa antimafia e della Questura di Caserta, nelle scorse ore la Polizia di Stato e il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Caserta hanno eseguito un sequestro di beni per un valore complessivo di 30 milioni di euro nei confronti di due fratelli imprenditori, attivi nel settore della ristorazione e del cemento in tutto il Casertano, ritenuti dagli inquirenti contigui al clan Belforte, operante soprattutto a Marcianise e nelle zone limitrofe. La contiguità dei due imprenditori al clan camorristico è emersa nell'ambito di una inchiesta della Squadra Mobile di Caserta e della Direzione distrettuale antimafia di Napoli partita nel 2014 e conclusasi, nel 2016, con la condanna di uno dei due imprenditori a 8 anni di reclusione e 8mila euro di multa. Nel 2017, poi, la Corte d'Appello di Napoli ha modificato la condanna in 5 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione e 4.600 euro di multa.
Le indagini hanno rivelato come i due imprenditori riscuotessero il pizzo per il clan tramite la loro azienda. I due, conosciuti anche come "le spie del pizzo", portavano avanti l'attività illecita sia emettendo fatture gonfiate, così da creare fondi neri per il pagamento delle estorsioni, oppure organizzando incontri tra le vittime e gli appartenenti al clan. In alcuni casi, quando piccoli imprenditori avviavano una nuova attività, si rivolgevano direttamente ai due fratelli per chiedere con chi parlare per "mettersi a posto", ovvero per pagare la propria quota al clan e non avere problemi.
Come detto, a carico dei due fratelli imprenditori è scattato un sequestro di beni del valore di 30 milioni di euro. Nello specifico, sono state sequestrate 3 società, 61 proprietà (terreni, case e magazzini), nonché 5 autovetture, tra cui una Ferrari e una Porsche, tre imbarcazioni e due rimorchi.