Chiavi duplicate con l’intelligenza artificiale, presa banda di rapinatori a Napoli

Mettevano a segno i colpi grazie all'utilizzo di chiavi duplicate grazie all'intelligenza artificiale ma non esitavano a prendere in ostaggio anche le persone che erano presenti durante le rapine: con queste accuse, a vario titolo, sono finite in carcere cinque persone tra i 56 ed i 73 anni a Napoli, tutte gravemente accusate di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di svariati reati contro il patrimonio, tra i quali rapine a mano armata e furti in abitazioni nonché il reato di sequestro di persona aggravato. Avrebbero colpito, nello specifico, nel periodo tra marzo e giugno scorsi.
Il software Sneakey
Le chiavi, secondo quanto emerso dagli inquirenti, venivano replicate grazie al software Sneakey, che consente di replicare alla perfezione qualunque chiave partendo da una semplice fotografia. Foto che venivano realizzate durante i sopralluoghi preliminari da parte della banda: il software poi riusciva a "ricostruire" l'esatta copia della chiave, che permetteva così il facile accesso ai luoghi scelti per il colpo. Il software, di cui si parla già dal 2011 proprio per le sue possibili "applicazioni", permette di fatto di replicare una chiave attraverso una semplice fotografia anche scattata a distanza, "trasformando" l'immagine in un codice che poi serve appunto a replicare la copia della chiave stessa.
Il colpo in un supermercato a Materdei
Tra i colpi messi a segno dal gruppo ci sarebbe anche quello messo a segno all'interno di un supermercato in zona Materdei, dove furono presi anche in ostaggio alcuni dipendenti, costretti perfino a caricare in auto la cassaforte appena prelevata. Il fatto avvenne il 16 marzo scorso, attorno alle 23: furono quattro le persone che, armate di pistole, si introdussero all'interno di un supermercato di Materdei, prendendo in ostaggio gli addetti alla sistemazione merci e mettendoli fuori gioco, legando loro le mani con del nastro isolante, per poi portare via la cassaforte. Le vittime poi furono minacciate, pistola in pugno, affinché portassero la cassaforte dal primo piano al piano terra e poi caricarla nel bagagliaio di un'auto.