Uccise lo zio della moglie con la morfina per non farlo soffrire: infermiere condannato a un anno

Avrebbe somministrato allo zio della moglie morfina e antidepressivi e quei medicinali ne avevano causato la morte: è questa l'accusa della quale ha dovuto rispondere un infermiere di 49 anni. Per l'uomo, la Procura aveva chiesto nove anni e mezzo di reclusione con l'accusa di omicidio volontario aggravato. La Corte d'Assise di Milano ha però derubricato l'accusa in omicidio colposo e ha deciso di condannarlo a un anno.
La dinamica
L'episodio risale al 2020. Lo zio della moglie era ricoverato all'ospedale "Salvini" di Garbagnate nel reparto di Pneumologia dopo essere stato colpito da una polmonite. Il 49enne invece lavorava in un'altra struttura. Durante una visita avrebbe deciso di somministrare quei farmaci che causarono il decesso dell'87enne.
Per i giudici l'infermiere non avrebbe avuto intenzione di ammazzare lo zio. Probabilmente avrebbe voluto solo alleviare il dolore, ma avrebbe somministrato dosi eccessive fino a ucciderlo. Durante la requisitoria, il pubblico ministero Nicola Rossato ha spiegato che il 49enne gli avrebbe praticato "i boli come se fosse lui l'infermiere della sedazione terminale" perché gli era stato detto che l'anziano "era spacciato, perché voleva porre fine allo stato in cui si trovava una persona cara".
Assolti anche cinque medici
Per gli inquirenti, i medici avrebbero sbagliata diagnosi e cura per l'87enne perché avrebbero dato una ingiustificata "definizione di irreversibilità". E per questo motivo, con l'infermiere erano finiti a processo cinque medici, imputati per omicidio colposo, che però sono stati assolti "perché il fatto non sussiste".
Alcuni periti, intervenuti duranti il processo, avevano spiegato che il loro operato era stato corretto. Le motivazioni saranno depositate tra quindici giorni.