Tenta di uccidere la ex e ammazza il padre di lei, in aula il racconto della donna: “Sapevamo che sarebbe successo”

Si è tenuta oggi, giovedì 11 settembre, nel tribunale di Varese una nuova udienza del processo a carico di Marco Manfrinati sul tentato omicidio della ex moglie Lavinia Limido e sull‘omicidio del padre di lei, Fabio Limido. Nel corso dell'udienza Limido ha raccontato le minacce di morte e le persecuzioni che precedettero l'aggressione del 6 maggio 2024, quando Manfrinato la accoltellò con diversi fendenti e uccise il padre che era intervenuto per difenderla.
L'episodio è stato il culmine di anni di violenze verbali e psicologiche, minacce di morte e umiliazioni, tanto che nel 2022 Limido aveva deciso di scappare di casa con il figlio, trovando ospitalità presso un'amica. Dopo una denuncia all'ex da parte della donna, l'uomo era stato raggiunto da un divieto di avvicinamento, poi revocato. Nel dicembre del 2022 il divorzio fu formalizzato e a partire dal giugno successivo le minacce dell'uomo si fecero sempre più pressanti.
In una telefonata Manfrinati le disse "Ti ammazzo con un martello", lo stesso che fu trovato nella sua auto quando la Polizia lo fermò. Nelle sue minacce comparivano anche frequenti richiami religiosi, con frasi come "Sono il messaggero della morte mandato da Dio". L'uomo era arrivato anche a insultare il Papa e a definirsi "l’unto da Dio" e "il messaggero di Allah".
In alcuni audio, riportati dal programma Dentro la notizia, Manfrinati anticipava i suoi piani: "Io la volta scorsa non ero a mani vuote, avevo un martello e un coltello, sai qual era il piano? Sfondare il finestrino dell'auto con il martello, dare una martellata in faccia e sgozzare con un coltello quella scrofa". E ancora: "Dille di nascondersi, con me non funziona, io non mi fermo alle carte bollate, qui qualcuno finisce al cimitero o in terapia intensiva. A me non me ne frega niente di andare in carcere".
Nel corso dell'udienza di oggi Limido ha ricordato anche l'aggressione del 6 maggio 2024: "Porto mio figlio all’asilo e vado a lavorare – ha raccontato – A pranzo vedo lui che apre la portiera, indossava un cappellino e una mascherina. Mi ha puntato un coltello e ha iniziato a colpirmi freddo, senza dire niente. Ero consapevole che sarebbe successo, ero pronta a morire". La donna ricorda poi l'arrivo dei soccorsi: "Sentivo i buchi nella testa, ho chiesto che mi facessero delle foto perché stavo per perdere conoscenza. Avevo paura, tutti noi sapevamo che sarebbe successo. Lo sapevamo tutti".