Stefania Nobile: “Dormo con mia madre Wanna. Con Lacerenza è finita perché ho trovato una donna nel nostro letto”

Prosegue l'intervista di Fanpage.it a Stefania Nobile, tornata libera dopo il patteggiamento a tre anni per il caso Gintoneria, e il suo lungo racconto che attraversa processi, polemiche e successive rinascite. E adesso, dopo la seconda condanna (la prima per associazione a delinquere e truffa per le televendite con la madre Wanna Marchi, l'altra per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e autoriciclaggio in quanto amministratrice di fatto della Gintoneria di Davide Lacerenza), cosa potrà succedere in futuro?
Ha raccontato che per anni ha posseduto ricchezze immense. Gioielli, orologi, ben sette macchine in contemporanea…
Sì, ed ero molto stronza. La mia vita è stata più un male che un bene. Ma io mi amo talmente tanto… alla fine siete voi che mi avete creato, senza di voi e la vostra cattiveria non avrei questa forza. Quando da miliardaria mi sono poi trovata in carcere, con una ciotola in mano come quella dei cani, una coperta sporca…è dura. Ma io rifarei tutto.
Perché?
Perché non si torna indietro. E perché sono anche frutto dei miei sbagli. Se uno non sbaglia è perché non fa niente nella vita. Chi fa, sbaglia.
Come è finita tra lei e Davide Lacerenza, nati come coppia e poi rimasti soci in affari?
È finita perché mi hanno arrestato. È perché una si è infilata in casa mia, nel nostro letto. Questa è la verità.
Si è trovata in casa Davide insieme a un’altra donna?
Sì. Già l'avevo capito, durante un colloquio in carcere: Davide è una persona pura, come un bambino a cui non bisogna mai dire un segreto. Quando sono stata arrestata, nel 2009, lui è caduto in un baratro, mi diceva: "Impossibile, tanto tra poco torni". Passano cinque mesi, un anno…e, anche se non mancava mai un colloquio, un giorno non mi guardava negli occhi. Sono tornata in cella e ho detto a mia mamma: “Davide ha un'altra”.
E lei?
Amava così tanto Davide che dava contro a me. “Impossibile, deve lavorare. Poverino, capirai cosa gliene frega”.
E invece…
Invece era vero. Ma non ebbe mai il coraggio di dirmelo. Lo scoprii io arrivata ai domiciliari, quando mi mandò a casa dei suoi genitori. Volevo andare a casa mia, ma lui accampava scuse: "Poi sei da sola, meglio che resti qua”…
La scoperta?
La trovai nel letto una volta entrata in casa nostra. “Se vuoi la lascio”, mi ha detto lui in quel momento. Ma per carità, non ho mai voluto gli scarti di nessuno.
Ma come si fa a trasformare poi questo in un’amicizia, in un sodalizio come il vostro?
Bisogna essere persone molto intelligenti, come noi. Io sono figlia di separati, ho ricordi di mio padre e di mia madre che si ammazzavano e l'ho sempre ritenuto un grande errore. Perché un grande amore può finire, avere delle evoluzioni, ma non si può arrivare a odiarsi. Davide non ha fatto niente. Non sa vivere da solo, e ha fatto ciò che riteneva giusto.
E lei?
Dopo aver amato Davide non vorrò mai più nessun uomo, non mi innamorerò mai più nella mia vita, ne sono certa. Il grande amore che avevo per Davide si è tramutato in un amore altrettanto grande, pur non essendo io e lui una coppia. A me va bene così, è l'unico uomo della mia vita.
È stato l'incontro più fortunato della sua vita?
Sicuramente. Come il nostro avvocato, Liborio Cataliotti, la persona che mi ha dato più nella vita. Dopo mia mamma, certo.
Quale è stato, invece, l'incontro più sfortunato?
Uno è già morto. È il marchese Capra, che ho amato tanto come mentore. Invecchiando capisco che molto spesso gli incontri più tremendi della vita sono quelli che ti insegnano poi tante cose. Quando avevo un nemico e gli auguravo di morire, lui commentava: "Sbagli, gli devi augurare di vivere tantissimo perché deve stare male quotidianamente, vedendo quanto stai bene tu”. Ed è una grandissima verità. Infatti a me stare male non mi hanno mai visto nemmeno in carcere, sai? Io piango sotto la doccia. Non l'ho mai fatto davanti a nessuno, mai.
Nessun altro?
Anche Davide, involontariamente, mi ha fatto tanto male. Quando lo vedevo drogato, vi assicuro che avrei preferito vederlo morto. Dico una bestialità, ma è così. Se ho Davide, ho tutto. La Lamborghini Urus, la Ferrari? Ma chi se ne frega, voglio girare in tram e avere Davide così.
Non c'è davvero niente che proprio non rifarebbe?
No, io rifarei tutto. Sono il frutto dei miei sbagli.
E quali sono questi sbagli?
In passato mi fidavo molto delle persone.
Nessuno sbaglio, in riferimento anche ai passati processi?
Sì. Credevo nella giustizia, ed è un grande errore. L'avvocato di allora [durante il processo per truffa e associazione a delinquere con la madre Wanna Marchi] mi consigliava di patteggiare. Ma il mestiere del mago lo fanno tutti in cantina in nero, mentre io lo facevo in un'azienda con 100 dipendenti. Non è meglio dare lavoro e farlo alla luce del sole? Perché non si pentono quelli che avranno speso 100mila lire e sono venuti in tribunale a dire che avevano dato 500 milioni? Avete mai visto un povero con 500 milioni?
Hanno detto delle cose false, quindi?
Hanno detto che Wanna Marchi rubava i soldi a chi non aveva da mangiare. C'è qualcosa che non torna.
In quel caso, più che altro, c'era il tema dell'approfittarsi di persone fragili. Qualcuno che, esposto ai dolori della vita, diventa più debole e manipolabile…
L'ignoranza non è ammessa. Se vai a votare, hai una patente, hai dei figli, devi avere una tua intelligenza. Le persone credono tuttora al mago, ci vanno anche senza Do Nascimento [il mago e guaritore brasiliano collaboratore di Wanna Marchi e Stefania Nobile, che durante le televendita metteva in scena i rituali "magici" per liberare dalle negatività]. Così come il rampollo della famiglia milanese andrà a spendere la sua eredità da altri, anche a Gintoneria chiusa.
A proposito. I soldi danno la dipendenza?
I soldi danno alla testa, è quello che è successo a me. Mia mamma era eccezionale, lavorava per cercare di non far mancare niente ai suoi figli. Ho avuto un'infanzia dignitosa, ma senza niente di superfluo: alle elementari, mentre i miei compagni avevano il panino con la mortadella, io mangiavo una mela. Le mie amiche avevano la scarpa bella, la maglietta alla moda, il sandaletto. Io non avevo niente.
Che bambina era?
Molto silenziosa, musona, che odiava stare con gli altri bambini. Giocare per me era tempo perso, amavo ascoltare i grandi. Avevo già voglia di farcela. Volevo fare il liceo linguistico a Bologna, che a quei tempi era privato e costava tantissimo. Mia mamma disse: “Non ti preoccupare, se è quello che vuoi fare ci penso io, lavoro di più". Poi ci andai e mi resi conto che era una scuola di ricchi, ero sbagliata lì dentro. Quindi tornai a casa e dissi a mia madre, che già aveva iniziato a fare un po' di televisione: "Voglio lavorare con te". La mia prima macchina, a 18 anni, è stata la Golf GTD , 13 milioni e mezzo di lire. A poco meno di 30 anni, avevo tantissimo. Viaggi, amici, macchine di lusso, 30 case, una villa su lago di Como.
E che fine ha fatto questo impero?
Hanno preso tutto. La mia vita è questo: io costruisco e loro prendono. Ma non mi preoccupo di perdere le cose. Io oggi non voglio perdere le persone. Oggi pago per non aver voluto perdere Davide.
In passato ha dichiarato: “Non ho mai amato lavorare in televisione”. Sembra strano da credere.
Vero. All'inizio non mi piaceva perché ero sempre e comunque la figlia di Wanna Marchi, non avevo una mia collocazione. Paradossalmente, il mio nome me l'ha regalato proprio l'inchiesta sulle televendite: per la prima volta hanno detto Stefania Nobile, perché fino a quel momento ero Stefania Marchi. Il fenomeno, insomma, era e resta mia mamma. Io ho cercato la mia strada facendo altro, come mettere in piedi il più bel ristorante di Milano.
Ma quando non ha i riflettori addosso, o non lavora… cosa fa nel tempo libero? Cosa le piace davvero?
Dedico tanto tempo alle persone. L'ho imparato in carcere, dove mi sono trovata a condividere spazi, a mangiare, dormire con gente che prima avrei schivato anche al semaforo. Ho cominciato ad aprirmi, ascoltare, e ho capito che dietro c'erano delle vite. Ecco perché non amo i giudizi.
Lei e sue madre siete ormai diventate delle icone pop-trash…si riconosce in questa definizione?
Mi piace da morire, amo il trash. Io rivorrei Barbara D'Urso, mica Nuzzi…ridatecela subito! Il trash è tutto ciò che è tanto, che è troppo. Amo il trash. Mi piace da morire anche quella di Napoli, Rita De Crescenzo. È molto più intelligente di tanta gente che conosciamo: fa finta, e lo fa bene.
Nella sua immagine pubblica, quella che vediamo noi, cosa nasconde? Chi è veramente?
No, io sono proprio così, credetemi. Davide spesso mi diceva di andarmene, quando arrivavano dei clienti che a me stavano sulle scatole. Anche se spendi tanto, per me, se sei una brutta persona lo rimani. Io sono molto vera, troppo, e questa cosa l'ho sempre pagata.
Che rapporto ha oggi con sua madre Wanna Marchi?
Devo tutto a mia mamma. Amo anche i suoi lati negativi. Mi ha insegnato a dire sempre ciò che penso, mettendoci la faccia e il nome. A non vendere mai me stessa, i miei sogni, andare sempre dritta verso ciò che voglio essere. A non farmi maltrattare da un uomo come è accaduto a lei e come purtroppo è successo anche a me, con la bestia che mi ha messo le mani addosso per tanti anni. Sono uomini che inizialmente sembrano principi, ti fanno sentire la donna più amata, più desiderata dell'universo… poi inizia il controllo maniacale. Lui mi aveva allontanata da tutti, addirittura da mia madre. Dovevo vivere guardando lui, servendo lui, parlando solo con lui.
Quali sono i difetti di sua madre?
Il mio papà Francesco, che era il secondo marito di mia mamma, mi diceva: "Amare tua madre ti costerà tantissimo, non avrai una vita tua". E la mia vita, infatti, è stata fatta di lei. Ma va bene così, non ho bisogno di una vita mia.
Vive ancora con sua madre?
Sì, dormiamo anche insieme.
Non è pesante, ogni tanto?
A volte litighiamo, però capita raramente. Non cambierei la vita che ho con nessun'altra vita.
Cosa ha fatto Wanna durante la sua detenzione?
Si è messa a cucinare. Così è nata la Wanna Marchi in cucina, che ora gira l'Italia e fa le serate nei locali. Si è saputa reinventare ancora una volta.
Lei, invece, è tornata in libertà dopo il patteggiamento. Cosa succede adesso? Come si può reinventare?
Adesso avrò delle ore da scontare [lavori di pubblica utilità]. Sono stata presa in carico dalla Protezione Civile, e un'associazione mi ha dato la disponibilità per insegnare a leggere e scrivere ai bambini di famiglie straniere. Mi piace l'idea. Ogni fine, in fondo, è un nuovo inizio. Questo è il bello della vita.