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Sesto San Giovanni, 670 famiglie a rischio sfratto: “Il sindaco non paga”. Il Comune: “Non spetta a noi”

A Sesto San Giovanni 670 famiglie rischiano lo sfratto. Secondo gli inquilini “il Comune non ha pagato il dovuto al proprietario dello stabile”. Mentre dal Comune precisano che “non spetta a noi perché non ci sono atti formali”.
A cura di Giorgia Venturini
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Circa 670 famiglie rischiano lo sfratto nel Comune di Sesto San Giovanni. A denunciare quanto sta accadendo sono proprio gli inquilini che questa mattina, appoggiati da sindacati e consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, si sono dati appuntamento in un presidio. Stando a quanto spiega il M5s a Fanpage.it la causa di tutto è che "il Comune di Sesto è stato sfrattato per morosità dal Tribunale di Monza per non avere pagato il dovuto al proprietario e di conseguenza finiranno in strada 670 famiglie fragili". Sull'accusa di morosità non tarda ad arrivare la risposta dell'amministrazione di Sesto San Giovanni guidata dal sindaco Roberto Di Stefano che fin da subito precisa: "La sentenza non è ancora definitiva, anzi ancora non c'è stata la prima udienza. A chiedere lo sfratto è stato il proprietario dello stabile e non il Comune. L'amministrazione ha fatto la scelta precisa di assegnare case secondo graduatorie". E poi precisano: "Quelle famiglie sono state messe nelle loro abitazioni in sublocazione dalla giunta precedente".

Gli inquilini che rischiano lo sfratto in presidio a Sesto

Oggi 25 novembre alcuni dei coinquilini si sono presentati in presidio per evitare lo sfratto, con loro anche politici: "L’assessore alla casa – spiega il capogruppo Movimento 5 Stelle in Regione Lombardia, Massimo De Rosa – ha dichiarato più volte che a Sesto non esiste emergenza casa. A me pare che invece non solo esista, ma che l’averla trascurata abbia portato oggi ad una situazione drammatica". Poi il consigliere regionale continua: "Ora centinaia di famiglie stanno per essere sfrattate per la morosità colpevole del Comune che è il reale affittuario di questi appartamenti ed è lui a non aver pagato alla proprietà gli affitti, mentre riscuoteva regolarmente da questi inquilini le spese richieste". Il consigliere questa mattina ha fatto visita a una famiglia formata da una donna e i suoi 5 figli: "Sia lei che i figli sono affetti da patologie gravissime e vittime di violenza (la piccolina ha danni causati da un pugno ricevuto da neonata). Vivono in 3 camere in condizioni terribili, con materassi per terra, muffa e sacchi e scatole ovunque perché gli pende sulla testa la spada di Damocle dello sfratto da un momento all’altro". La situazione di Sesto era già stata presentata in Regione: "Lo scorso maggio – aggiunge il consigliere regionale M5s, Nicola Di Marco – ho presentato a Regione un’interrogazione in cui ponevo il problema dell’emergenza abitativa e per capire se Aler, insieme al Comune, volesse individuare una soluzione per l’utilizzo degli alloggi sfitti. Nella risposta Regione Lombardia ha elencato il numero di alloggi (248 in totale) non utilizzati, ma sembra non esserci alcun interesse nel metterli a disposizione dei nuclei fragili. La Giunta appare, anche questa volta, insensibile ai bisogni dei cittadini senza mai mettere in atto azioni incisive per risolvere il problema".

La replica del Comune

Dal Comune spiegano che i "subaffitti sociali prima del 2018 venivano fatti senza delibere di giunta, dei dirigenti, senza coperture a bilancio dal 2014 in avanti. Nel 2018 il Comune ha detto basta. Non doveva crearsi sta situazione". Per il proprietario spetta al Comune pagare, ma l'amministrazione replica: "Non esistono atti, quindi come si fa a capire quanto è l'importo?". La causa davanti al Tribunale di Monza inizierà il prossimo 16 dicembre. Per ora gli sfratti sono bloccati. E poi dal Comune concludono: "Le sublocazioni sono illegittime, oggi si passa esclusivamente dai bandi e dalle graduatorie senza assegnazioni in deroga. Non bisogna dimenticarsi che le sublocazioni senza atti formali né coperture economiche risalgono ad anni fa". Non resta ora che attendere una possibile decisione del Tribunale di Monza.

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