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Robinho condannato a 9 anni per stupro: “Vittima disprezzata e brutalmente umiliata”

La Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza di condanna a nove anni di carcere di Robinho, ritenuto colpevole di violenza sessuale ai danni di una ragazza che, all’epoca dei fatti, nel 2013, aveva 23 anni. Nelle motivazioni, i giudici spiegano che gli imputati hanno mostrato “particolare disprezzo” nei confronti della vittima “che è stata brutalmente umiliata”.
A cura di Filippo M. Capra
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Sono state pubblicate le motivazioni della conferma della sentenza di condanna a nove anni di carcere per Robinho, l'ex calciatore del Milan, riconosciuto colpevole anche dalla Corte d'Appello di Milano del reato di violenza sessuale avvenuta nel 2013. Stessa condanna anche per un amico, ritenuto responsabile al pari dell'ex attaccante rossonero.

Motivazioni sentenza in Appello: Robinho ha mostrato disprezzo per la vittima

Nelle motivazioni, la Corte d'Appello spiega che i due, complici, hanno mostrato "particolare disprezzo" verso "la vittima che è stata brutalmente umiliata". Inoltre, secondo i giudici, i due hanno "da subito cercato di sviare le indagini offrendo agli inquirenti una versione dei fatti falsa e previamente concordata". La Corte ha dunque accolto la richiesta di conferma delle condanne del sostituto procuratore generale Cuno Tarfusser. "L'illustrato quadro probatorio – aggiungono i giudici nelle motivazioni – dimostra in modo inequivocabile, a parere della Corte, lo stato di totale incoscienza della persona offesa". Inoltre, la Corte sostiene che nonostante le "floride condizioni economiche" del calciatore, "decantate dalla difesa e che avrebbero costituito l'obiettivo ultimo della denuncia, egli non ha inteso avanzare neppure una offerta risarcitoria che, anche nella prospettiva difensiva di una mancata percezione del dissenso, avrebbe potuto trovare spazio". Per i giudici della Corte d'Appello di Milano, "il quadro probatorio dimostra in modo inequivocabile lo stato di totale incoscienza della persona offesa prima dei rapporti sessuali, dalla stessa subiti senza essere in grado di opporsi. L'assoluta mancanza di consenso (…) era evidente e chiara agli imputati i quali ne hanno approfittato per soddisfare i propri istinti sessuali".

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