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Profilattici ai detenuti del carcere di Pavia per “motivi terapeutici”: ecco cosa sta succedendo

La direttrice della Casa Circondariale di Pavia Stefania Musso ha deciso di distribuire 720 preservativi ai detenuti come misura a carattere “terapeutico”. Subito sono scoppiate le polemiche: da un lato c’è chi ha condannato tale decisione parlando del “fallimento del sistema penitenziario”, dall’altro chi lo ha celebrato perché “tappa fondamentale sul tema dell’affettività in carcere”. Ecco cosa sta succedendo.
A cura di Giulia Ghirardi
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Il carcere Torre del Gallo di Pavia
Il carcere Torre del Gallo di Pavia

Profilattici ai detenuti per "motivi terapeutici". Dopo la decisione di Stefania Musso, direttrice della Casa Circondariale di Pavia Torre del Gallo, di distribuire 720 preservativi ai detenuti come misura a carattere "terapeutico" non si sono fatte attendere le polemiche, prime tra tutte quelle avanzate dal Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) che ha sottolineato i rischi attinenti "all'ordine e alla sicurezza delle carceri" e dai sindacati della polizia penitenziaria che hanno visto in tale decisione "il fallimento complessivo del sistema carceri".

C'è anche chi, però, in questo dibattito è riuscito a cogliere il valore e il beneficio che tale gesto può rappresentare per il tema affettività dei detenuti. "Il sesso in carcere è, ancora e purtroppo, considerato un tabù da cui si fa una fatica enorme a venir fuori. Quella di distribuire i profilattici ai detenuti è una misura che in altre comunità sarebbe considerata normale e, anzi, pretesa. Quindi perché questo tema non deve valere per il carcere?", ha commentato Alessio Scandurra, Coordinatore dell'Osservatorio Antigone a Fanpage.it. "Il sesso esiste e la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili deve rimanere un obiettivo importante da perseguire".

Distribuzione di profilattici ai detenuti del carcere di Pavia: le polemiche

Stando al contenuto della circolare diffusa dalla Direttrice, gli oltre 700 preservativi sarebbero stati consegnati al dirigente sanitario, il dottor Davide Broglia, incaricato di impartire le disposizioni operative alle dottoresse Paola Tana e Gabriella Davide che si occuperanno della distribuzione dei profilattici con l'obbligo di annotare ogni consegna: "I medici avranno cura di annotare la consegna alle persone detenute e di adoperarsi per ulteriori successive forniture che dovrebbero rientrare nella competenza dell'area sanitaria".

Una volta appreso il contenuto di tale circolare, sono scoppiate le polemiche. Nello specifico, il primo a prendere posizione è stato il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) che si è detto contrario alla decisione della Direttrice perché "risulta essere stata adottata senza alcuna preventiva interlocuzione con gli uffici", ha spiegato il Dipartimento in una nota ufficiale. "Tale circostanza appare di particolare rilievo, dal momento che incide su profili che attengono direttamente all’ordine e alla sicurezza penitenziaria".

Secondo il Dap, infatti, il provvedimento, per come viene formulato, non apparirebbe "idoneo a strutturare in modo adeguato la gestione complessiva dell'iniziativa sotto il versante sanitario, della prevenzione e della sicurezza". Questo perché resterebbero inevase alcune valutazioni essenziali: "Dalle modalità di controllo, alla prevenzione di condotte violente tra i detenuti, fino ai possibili usi distorti dei profilattici, che potrebbero essere impiegati per occultare sostanze stupefacenti, anche tramite ingestione, eludendo i controlli".

Alla voce del Dipartimento amministrazione penitenziaria si è poi unita anche quella dei sindacati della polizia penitenziaria che si sono detti contrari alla decisione della Direttrice. "Pensavamo di averle viste tutte, ma evidentemente ancora molte ne dovremo vedere", ha commentato Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria. "L'ammissione di rapporti promiscui i cui effetti sono da arginare attraverso la distribuzione di profilattici per ‘motivi terapeutici' certifica il fallimento complessivo del sistema carceri. Mentre si discute della disciplina del diritto all'affettività dei detenuti, l'Amministrazione penitenziaria sembra avallare un esercizio fai da te della sessualità, indipendentemente da qualsiasi requisito, invece richiesto a coloro che vorrebbero fruirne regolarmente".

La risposta di Antigone: "Una tappa importante sul tema dell'affettività"

Alle critiche mosse dal Dap in riferimento a un possibile ed eventuale sovvertimento di "ordine e sicurezza", Alessio Scandurra, Coordinatore dell'Osservatorio Antigone, ha risposto a Fanpage.it: "È un po' incomprensibile come critica. Rifacendoci a un principio che è stabilito dal Consiglio d'Europa e da tante risoluzioni internazionali il carcere dovrebbe assomigliare il più possibile alla comunità esterna che lo circonda. I limiti a tale regola sono composti da ciò che è necessario per garantire l'ordine e la sicurezza, ma non capisco come i preservativi possano essere problematici per l'ordine pubblico". E a chi sostiene che possano essere usati per spostare droga all'interno del carcere, "vorrei ricordare che non sta qui il problema", ha aggiunto il coordinatore di Antigone. "Se c'è droga all'interno del carcere il problema riguarda la presenza della droga stessa all'interno del carcere, non quella dei preservativi. È un'obiezione che non ha concretezza. Ci sono valori costituzionalmente superiori da tutelare".

Inoltre, ai sindacati che dopo la circolare hanno parlato del "fallimento complessivo del sistema carceri", Scandurra ha ricordato come in un sistema che ha un tasso di recidiva del 70%, "dove si uccidono ormai quasi 100 persone l'anno, per non contare gli atti di autolesionismo e il consumo legale e prescritto di psicofarmaci, pensare che il fallimento di questo sistema possa essere l'introduzione dei preservativi per evitare la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili sembra una battuta o una presa di posizione davvero miope".

Per questo, la posizione di Antigone sulla questione rimane salda e non lascia dubbi. "Si sta facendo ancora troppo poco e troppo lentamente sul tema dell'affettività, nonostante la sentenza della Corte costituzionale e la circolare del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria", ha concluso Scandurra a Fanpage.it. "Per questo, quello che è stato fatto nel carcere di Pavia va celebrato perché segna una tappa fondamentale sul tema dell'affettività in carcere".

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