Processo Pifferi bis, assolte le psicologhe e l’avvocata: “Non esiste una vera e propria cospirazione criminale”

"Non è emerso alcun elemento concreto che lasci presupporre l'esistenza di una vera e propria cospirazione criminale": è questa una delle motivazioni che ha portato il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Milano, Roberto Crepaldi, ad assolvere l'avvocata Alessia Pontenani, legale di Alessia Pifferi, le tre psicologhe del carcere di San Vittore e lo psichiatra ed ex consulente della difesa Marco Garbarini, dalle accuse di aver messo in atto un piano per aiutare Alessia Pifferi a evitare la condanna all'ergastolo nell'ambito del processo che la vedeva imputata per la morte della figlia Diana avvenuta nel 2022 nel Milanese. Prosciolta anche una quarta psicologa.
Per il giudice, che ha assolto tutti gli imputati lo scorso 1 dicembre, dalle risultanze processuali non è emerso alcun elemento che lasci pensare a una cospirazione criminale che avesse l'intento di "condizionare a tutti i costi il processo penale". Se per la Procura, gli imputati avrebbero, attraverso un test falsificato, cercato di aiutare la donna per farle ottenere una perizia psichiatrica e, successivamente, per accertare un vizio parziale di mente così da evitarle l'ergastolo; per il giudice il test di Wais è "stato realmente sottoposto" ed è "priva di adeguato supporto probatorio" l'ipotesi di una "falsità della diagnosi conseguente".
Sempre il giudice ha sottolineato che le relazioni del carcere hanno dato conto delle difficoltà della donna ad accettare quanto commesso e a comprendere le sue responsabilità. Inoltre, sempre nelle relazioni, è stato descritto come il comportamento di Pifferi fosse "suggestivo di problematiche di adattamento o anche di possibili deficit". A queste problematiche, si è poi aggiunta la pressione mediatica e il rischio suicidio.
Per il giudice, tutti questi fattori hanno spinto l'intero staff del carcere di San Vittore a prestare particolare attenzione alla detenuta. Non solo. Hanno poi portato a sottoporla a un test "che consentisse di valutarne le risorse e il funzionamento". Per il giudice poi non vi è alcuna prova in grado di confermare che le psicologhe abbiano eseguito il test per interferire con il processo e salvare Pifferi dall'ergastolo. Ci sono invece "numerose comunicazioni intercorse tra le imputate" che mostrano la "preoccupazione" di influenzare il processo.
Il giudice ha sottolineato come ci siano delle carenze sul piano probatorio messo in piedi dalla Procura nonostante "la profondità dell'investigazione svolta nel corso delle indagini preliminari". In particolare, la quantità di atti acquisiti, l'apporto tecnico richiesto ai consulenti, l'uso di "tecniche di indagine particolarmente invasive (intercettazioni telefoniche, sequestri di telefoni cellulari e supporti informatici) e del numero dei soggetti sentiti come persone informate sui fatti".