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Perché è stata condannata l’ex amica di Lady Gucci: “controllava la sua vita”, le motivazioni della sentenza

Loredana Canò, ex compagna di cella e amica fidata di Lady Gucci, è stata condannata a 6 anni e 4 mesi di reclusione per circonvenzione di incapace e peculato perché, secondo i giudici, una volta uscita dal carcere ha iniziato a condividere le “condizioni di agiatezza” di Patrizia Reggiani, andando a vivere con lei e assumendo “via via” la qualità di suo “alter ego” e assumendo “il completo controllo” della sua vita. Ecco cosa dicono le motivazioni della sentenza.
A cura di Vittoria Brighenti
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Lo scorso inizio luglio il Tribunale di Milano ha condannato Loredana Canò, l'ex compagna di cella e amica di Patrizia Reggiani, a sua volta condannata in passato a 26 anni in qualità di mandante dell'omicidio del marito Maurizio Gucci, a sei anni e quattro mesi di reclusione per circonvenzione di incapace e peculato. Per i giudici, la donna sarebbe riuscita a prendere il "controllo assoluto" del patrimonio e delle "proprietà immobiliari" di Reggiani. 

In particolare modo, una volta uscita dal carcere, avrebbe iniziato a condividere le "condizioni di agiatezza", andando a vivere con lei e assumendo "via via", dopo la morte della madre di Reggiani, la qualità di suo "alter ego" assumendo "il completo controllo" della sua vita.

Il controllo del patrimonio di Patrizia Reggiani

Nelle motivazioni della sentenza si legge che l'ex compagna di cella a assistente personale di Patrizia Reggiani – beneficiaria di un’eredità milionaria lasciata dalla madre Silvana Barbieri, insieme a Marco Chiesa, consulente finanziario di Barbieri condannato a 5 anni e 8 mesi, e all’avvocato e amministratore di sostegno Daniele Pizzi che aveva già patteggiato 2 anni, riuscì a mettere in atto una "integrale sostituzione della rete familiare e sociale" di Reggiani, "con una seconda rete, assimilabile nelle sembianze a un una vera e propria seconda ‘famiglia'".
Lady Gucci, come si legge nella sentenza, a causa "soprattutto dalla patologia psichica che l'affliggeva" non era "assolutamente in grado di porre in essere con sufficiente coscienza alcun atto di gestione patrimoniale".

La “guerra alle figlie”

La mossa della “sostituzione familiare” aveva portato le figlie di Lady Gucci, Alessandra e Allegra, a denunciare. Da qui, ne è nato un processo. Canò infatti, secondo la Procura, aveva convinto la donna “a fare la guerra alle figlie”. In primo luogo, installandosi a villa Andreani, casa sua, e successivamente gestendo tutti i suoi rapporti con l’esterno e obbligandola a far subentrare come suo amministratore di sostegno l'avvocato Pizzi. Gli altri due imputati, i commercialisti Mario Wiel Marin e Marco Moroni, erano invece stati assolti lo scorso luglio, dall'accusa di corruzione "perché il fatto non sussiste".

Le motivazioni della sentenza

Secondo quanto stabilito dal Tribunale, Canò e Chiesa dovranno anche versare 50mila euro in solido come provvisionali di risarcimento alle figlie di Reggiani, mentre solo Canò ulteriori 75mila euro di provvisionale a Lady Gucci. I giudici, nelle oltre 80 pagine di motivazioni, in cui si ripercorrono le testimonianze e le indagini, hanno sottolineato la «particolare evidenza del disegno criminoso che ha ispirato e sorretto la condotta» di Loredana Canò.

Si è trattato, come spiegato dalla procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano di "una vicenda che nel giro di pochi anni è riuscita ad assumere fattezze predatorie, con un comportamento che individua una preda debole e via via assume sempre più i connotati della mancanza di limiti e di quel minimo di ritrosia che in fondo la persona anziana e fragile avrebbe potuto anche umanamente far percepire". Inoltre, si parla della "particolare evidenza del disegno criminoso che ha ispirato e sorretto la condotta" dell'ex amica, "rappresentato dall'approfittare del controllo esercitato su Patrizia Reggiani per ricavarne un illecito vantaggio patrimoniale". Ed evidenziano la "gravità del danno recato al patrimonio della persona offesa" e la "assenza di scrupoli dimostrata nell'agire in danno di una persona incapace, simulando un'attenzione nei suoi confronti del tutto disinteressata".

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