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Perchè è stata annullata l’archiviazione per il caso Paula Almeida, morta dopo essere stata dimessa 3 volte dall’ospedale

Si dovrebbe riaprire il processo per la morte di Paula Almeida, morta in casa a soli 37 anni dopo essere stata dimessa per tre volte dal pronto soccorso dell’ospedale Carlo Poma di Mantova. A 3 anni dal decesso e dopo la prima archiviazione, il giudice ha accolto il reclamo dell’avvocata Silvia Gorini, ne ha parlato a Fanpage.it.
A cura di Vittoria Brighenti
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A quasi tre anni dal decesso e dopo una prima archiviazione, il giudice ha accolto il reclamo dell'avvocata Silvia Gorini, legale della famiglia. Dunque si dovrebbe riaprire il processo per il caso di Paula Almeida, morta in casa a soli 37 anni, dopo essere stata dimessa per tre volte dal pronto soccorso dell'ospedale Carlo Poma di Mantova. La donna viveva insieme al marito e alle sue due figlie nel quartiere Cittadella, nel capoluogo mantovano. Era stata trovata morta dal marito il 28 dicembre 2022.

Paula si era sentita male poche settimane prima del decesso. Aveva forti dolori al braccio e al torace, per questa ragione era stata ricoverata al pronto soccorso, dal quale sarebbe stata dimessa dopo aver svolto determinati esami che non avevano rilevato alcun problema. Dopo qualche giorno si sarebbe dovuta sottoporre a una risonanza magnetica prescritta dal medico, ma si è sentita male di nuovo ed è tornata in ospedale: qui sarebbe stata sottoposta a ulteriori esami e poi nuovamente dimessa. Infine il terzo ricovero, a poche ore dal tragico episodio.

La famiglia aveva sporto denuncia ed era stata aperta un'inchiesta per omicidio colposo, poi archiviata. L'autopsia, eseguita il 31 dicembre 2022 dal dottor Andrea Verzeletti della Medicina legale del Civile di Brescia, aveva però escluso eventuali responsabilità dei medici che l'avevano visitata. La famiglia, tramite il legale, aveva poi fatto eseguire una nuova perizia. Successivamente era arrivata la richiesta di riaprire il caso, ora accolta dal giudice.

L'avvocato Silvia Gorini, legale della famiglia, ha sottolineato a Fanpage.it le osservazioni che hanno portato alla perizia fatta: "A nostro avviso, sulla base ovviamente di obiettività, anche rese dal nostro medico legale che ha visionato tutta la documentazione, cioè gli esami autoptici, la causa della morte non è riconducibile a un'emorragia cerebrale, ma a una polmonite. È stato detto che i medici del pronto soccorso non erano stati negligenti, ma in ogni caso non avrebbero potuto fare nulla per evitare un decesso, mentre invece noi diciamo che la problematica era differente e che c'erano tutti gli strumenti e le terapie adeguate per poter evitare il decesso. Il pronto soccorso non ha disposto alcuna visita, l'ha semplicemente mandata dallo psichiatra. La signora aveva un dolore lancinante e i medici non hanno fatto nessun tipo di accertamento, da una RX a un esame del sangue, nulla".

L'avvocato ha poi spiegato che, dopo aver fatto il ricorso, il Giudice per le Indagini Preliminari si è reso conto della sua attendibilità e fondatezza e ha annullato il decreto di archiviazione. Sulla base di tali considerazioni, il caso è stato riaperto e proseguiranno le indagini.

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