Omicidio Sharon Verzeni, la Procura chiede l’ergastolo per Moussa Sangare: “Ha spezzato una vita per capriccio”

Il pm Emanuele Marchisio di Bergamo ha chiesto la condanna all'ergastolo per Moussa Sangare, imputato per l'omicidio di Sharon Verzeni, aggravato da minorata difesa, premeditazione e futili motivi. Secondo l'accusa, sarebbe stato lui ad accoltellare a morte la 33enne "senza motivo" nella notte tra il 29 e il 30 luglio 2024 mentre passeggiava a Terno d'Isola. "Non mancano le prove, ma le parole", ha dichiarato il procuratore durante la sua requisitoria di oggi, martedì 16 dicembre, "una vita spezzata per un capriccio". Il 30enne era stato arrestato dopo un mese di indagini e, durante il primo interrogatorio, aveva ammesso le proprie responsabilità. Successivamente, però, aveva ritrattato dicendo di aver "confessato solo perché ero stressato". Durante l'udienza ha provato a intervenire, ma il pm gli ha intimato: "Stia zitto, ora parlo io". La sentenza della Corte d'Assise di Bergamo è attesa per il 12 gennaio.

Verzeni era uscita di casa, a Terno d'Isola, intorno alla mezzanotte tra il 29 e il 30 luglio 2024 per fare una passeggiata. Arrivata in via Castegnate, alle 00:52 era stata accoltellata quattro volte alle spalle e poco dopo era deceduta. Le telecamere di sorveglianza non avevano ripreso gli istanti dell'omicidio, ma avevano inquadrato un uomo in bicicletta allontanarsi a tutta velocità. Un mese dopo, nella notte del 29 agosto, Moussa Sangare, italiano originario del mali, è stato arrestato con l'accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione nella sua abitazione a Suisio.
Davanti ai carabinieri, Sangare aveva confessato: "L'ho vista e l'uccisa", aveva dichiarato aggiungendo di essere uscito quella sera di casa con quattro coltelli e la precisa intenzione di voler "eliminare qualcuno". Prima di colpire Verzeni, infatti, il 30enne aveva incrociato altre sette persone che, per vari motivi, aveva evitato di aggredire. Già lo scorso marzo, però, Sangare ha ritrattato dichiarando di non essere stato lui a uccidere la 33enne. Sottoposto a perizia psichiatrica, è stato ritenuto capace di intendere e di volere e di affrontare il processo.
Contro di lui, però, ci sarebbero diversi elementi. Oltre ai filmati delle telecamere che lo vedono fuggire da Terno in bicicletta, ci sono le tracce di Dna di Verzeni proprio sulla due ruote di Sangare. Il 30enne, poi, aveva gettato i vestiti che indossava quella sera nel fiume, mentre il coltello con il quale avrebbe accoltellato la 33enne lo ha tenuto "come ricordo".

Per la Procura, non ci sarebbero dubbi sul fatto che sia stato lui a uccidere Verzeni. "Provò piacere a uccidere una ragazza che stava camminando per strada, una ragazza che con il suo compagno si stava costruendo la sua vita", ha dichiarato il pm Marchisio in aula. Per il magistrato, Sangare quella sera aveva "fiutato il terreno e per uccidere aveva scelto la persona più indifesa che aveva trovato". L'accusa ha chiesto che non venga concessa alcuna attenuante: "Non ha mai avuto un momento di rincrescimento", ha dichiarato il pm, sottolineando la "vigliaccheria" del 30enne, già condannato in un altro procedimento per maltrattamenti ai danni della madre e della sorella: "Sempre donne".