Omicidio di Riccardo Claris, il 19enne arrestato resta in carcere: “Sono stato io. Lui mi inseguiva con una catena”

Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bergamo, Maria Beatrice Parati, ha convalidato l'arresto di Jacopo De Simone, il 19enne che nella notte tra sabato 3 e domenica 4 maggio a Bergamo avrebbe ucciso con una coltellata alla schiena il 26enne Riccardo Claris. L'aggressione sarebbe avvenuta al culmine di uno scontro a colpi di bastoni e catene tra i sostenitori dell'Atalanta e quelli dell'Inter, nato per questioni di tifo calcistico fuori dal Caffè Beef, di Borgo Santa Caterina, dove Claris viveva insieme alla madre e alla sorella.
Quando i Carabinieri sono intervenuti fuori dal locale dopo l'accoltellamento, De Simone si è consegnato ai militari e ha confessato l'omicidio con le mani piene di tagli: "Sono stato io". Negli interrogatori successivi, il 19enne ha spiegato di avere agito reagendo a sua volta a una presunta prima aggressione da parte di Claris. Un'ipotesi che però, almeno per il momento, non avrebbe trovato riscontri. Gli investigatori hanno anche interrogato la mamma di Claris e un amico che avrebbe assistito a parte dello scontro.
Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti gli antefatti della vicenda comincerebbero la sera del 3 maggio, quando De Simone si trovava nel Caffé Beef di via Ghirardelli insieme ad altri sei amici e il fratello gemello. Secondo i racconti dell'indagato, il 19enne sarebbe uscito dal bar per fumare una sigaretta e avrebbe intonato un coro dell'Inter. A quel punto, sempre secondo De Simone, avrebbe incontrato Claris, che gli avrebbe posato una mano sulla guancia e intimato in modo minaccioso di smetterla: "Qui siamo a Bergamo, tu non puoi fare queste cose". Da qui sarebbe nato un diverbio di natura calcistica, che secondo alcuni presenti sarebbe degenerato in insulti.
De Simone, però, sostiene di essersi scusato mentre Claris e il suo gruppo di amici avrebbero continuato a rivolgergli sguardi minacciosi e intimidatori, tanto da spingere l'indagato ad allontanarsi. La versione del 19enne, però, non ha convinto gli investigatori, che ritengono poco verosimili le scuse di De Simone. L'indagato ha poi continuato il suo racconto spiegando di essere stato rincorso fino a casa, mentre si allontanava, dai tifosi dell'Atalanta che lo minacciavano con catene in mano. Salito in casa, De Simone si sarebbe accorto che il fratello era rimasto indietro nell'inseguimento e avrebbe deciso di riscendere in strada con un coltello.
Gli investigatori, tuttavia, ritengono più plausibile che De Simone abbia deciso di salire in casa appositamente per prendere il coltello e già con l'intenzione di tornare in strada per affrontare gli inseguitori. Tornato giù, De Simone avrebbe trovato sua madre discutere con Claris e i tifosi dell'Atalanta e avrebbe deciso di affrontarli verbalmente. Stando a racconti dell'indagato, Claris avrebbe reagito tentando di colpirlo più volte con la catena. A quel punto De Simone avrebbe sferrato la coltellata contro la vittima che, secondo le ricostruzioni degli investigatori, lo avrebbe accoltellato sulla schiena ma affrontandolo frontalmente, con un colpo "da abbraccio".
Sul posto dell'aggressione non sarebbero state trovate catene e, seppure uno dei testimoni avrebbe riferito di aver visto un ragazzo impugnarne una, il soggetto, per come descritto nel suo abbigliamento, non sarebbe identificabile nella vittima. Per questo motivo, secondo il gip, non si configurerebbe nessuna ipotesi di legittima difesa. De Simone rimane quindi nel carcere di Brescia con l'accusa di omicidio aggravato dai futili motivi.