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“Non mi affittano casa perché sono down, anche se sono autosufficiente”, la denuncia di Carlotta

Carlotta e il fidanzato Paolo sono diventati “famosi” perché si è sparsa la notizia che nessuno vuole affittare loro una casa in quanto affetti da sindrome di Down. Una vicenda triste, che però deve far riflettere ben al di là dell’indignazione di qualche giorno.
A cura di Chiara Daffini
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“Scala B, undicesimo piano”, dice Carlotta al citofono. Ci dà indicazioni precise su come arrivare nell’appartamento in cui vive la madre, nella periferia milanese. E accogliendoci, insieme alla signora, dimostra un senso pratico e una spigliatezza inaspettati.

Carlotta ha 39 anni, fa la postina, si sta per sposare ed è affetta da sindrome di Down
Carlotta ha 39 anni, fa la postina, si sta per sposare ed è affetta da sindrome di Down

"Il mio piatto forte è la torta salata"

“Qui abita mia mamma, io vengo ogni tanto – racconta Carlotta a Fanpage.it -. Di solito vivo in un appartamento in cui faccio da tutor ad alcuni ragazzi più giovani. Insegno loro come gestire la casa. Io so come farlo, faccio il letto, le pulizie, cucino. Il mio piatto forte è la torta salata".

Carlotta ha 39 anni e lavora in un’azienda di collocamento professionale. "Smisto la posta interna ed esterna, i cv, i buoni pasto e vado a prendere le raccomandate – spiega -. In pratica aiuto le persone che non hanno un lavoro".

"Me lo sono scelto giovane"

Carlotta ha 39 anni, fa la postina e ha un fidanzato. “Si chiama Paolo e ha 35 anni – confida a Fanpage.it -. Me lo sono scelto giovane! Ci siamo conosciuti a un capodanno grazie all'associazione di cui faccio parte e mi ha regalato l’anello – dice mostrando l’anulare inanellato -. Vogliamo sposarci".

“Cosa vuol dire avere la sindrome di Down?”

Carlotta ha 39 anni, fa la postina, ha un fidanzato e la sindrome di Down. “Sono disposta a tutto pur di vivere con Paolo – dice sicura -, perché distanti ci manchiamo. Voglio stare con lui e con tutti i miei amici, perché cosa vuol dire avere la sindrome di Down?”

Domanda a cui hanno trovato risposte, spesso crudeli, lei e Renata. "Il ricordo più doloroso – rivela a Fanpage.it la mamma della donna – risale a quando Carlotta era piccola. Era appena stata operata al cuore e aveva bisogno di una broncoaspirazione. Il primario di rianimazione arrivò davanti al suo letto e disse: ‘Che bisogno c’è di broncoaspirare una bambina così?'".

“Il percorso scolastico è andato benissimo – dice ancora Renata -, ma per riuscire ad affrontarlo Carlotta ha dovuto dimostrare di non essere diversa dagli altri. Prima che fosse inviata alle feste di compleanno – ricorda la mamma – ho dovuto organizzarne io una festa in casa con decine di bambini che spargevano coriandoli. Così anche i genitori hanno capito che siamo persone con cui ci si può rapportare”.

"Non ci siamo ancora stancati?"

La “bambina così” è cresciuta, ha vinto medaglie di nuoto e karate, va in farmacia, a fare la spesa, a bere l’aperitivo con gli amici e a mangiare la pizza con Paolo (“rigorosamente in Porta Venezia”, cit).

Una normalità reale, che però continua a stupire parte della società del terzo millennio: “Il signore sulla metro che la sbircia da dietro il giornale, il medico che parla di lei rivolgendosi solo a me anche se Carlotta è presente… Non ci siamo ancora stancati di tutto questo?”, si chiede Renata.

Evidentemente no, visto che da mesi Carlotta e Paolo cercano una casa in affitto ma non la trovano, nonostante entrambi lavorino con contratti stabili. "Quando scoprono della sindrome di Down – racconta Renata – si tirano indietro. Se la disabilità fisica è stata più o meno accettata, quella mentale fa ancora paura".

Di più. "Alcuni se ne approfittano, a Carlotta in passato è successo. Perché la sua fragilità la si vede dagli occhi a mandorla, è palese. Per questo non ho parole per definire quelle persone". Per questo Fanpage.it ha deciso di non mostrare il volto di Carlotta.

"Trattateli come trattereste chiunque"

La storia di Carlotta e Paolo ha fatto il giro dell’Italia e suscitato indignazione e solidarietà, senza però scalfire una mentalità radicata. "Pensano: ‘Oh Dio santo, sono Donw, magari si buttano dalla finestra, magari distruggono casa', si preoccupano", dice la signora, 75enne, che per quasi 40 anni ha dimostrato al mondo il contrario.

"Quello che io chiedo per Carlotta e per le persone come lei – si appella – è di usare la naturalezza. Trattarli come tutti, perché sono come tutti".

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