“Non c’era nessun patto corruttivo”: perché sono stati revocati i domiciliari a Manfredi Catella

Lo scorso 22 agosto il Tribunale del Riesame di Milano ha accolto la richiesta degli avvocati difensori di Manfredi Catella e ha revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari alla quale il Ceo di Coima era sottoposto dal 31 luglio. Il 67enne era stato arrestato con l'accusa di aver corrotto Alessandro Scandurra, ex membro della Commissione per il Paesaggio del Comune. Secondo i giudici del Riesame, però, non esisterebbe "alcun patto corruttivo" tra Catella e Scandurra, con l'imprenditore che non aveva "conoscenza" e non avrebbe dovuto nemmeno averla della norma sul "conflitto di interessi in capo ai Pubblici ufficiali".
Il "contesto di corruzione sistematica" ipotizzato dalla Procura
Le indagini della Procura di Milano sono iniziate nel 2022 con le ipotesi di reato di falso, lottizzazione abusiva e altre contravvenzioni edilizie che sarebbero state commesse sul territorio milanese. Indagini che hanno portato negli ultimi anni al sequestro di diversi cantieri in base a presunte anomalie riscontrate nella gestione delle pratiche edilizie, come le autorizzazioni per la costruzione di nuovi edifici mediante Scia perché classificate come semplici ristrutturazioni.
La Procura ha ricostruito quello che definisce un "contesto di corruzione sistematica", nel quale sarebbero coinvolti "rappresentanti delle istituzioni, professionisti vari e operatori privati". A sostegno delle proprie tesi, gli investigatori hanno raccolto chat WhatsApp dei vari indagati e documenti presentati al gip per le richieste di applicazione di misure cautelari. Tra queste, appunto, quella che riguardava il ceo di Coima, Manfredi Catella, ai quali interessi sarebbe si sarebbe costituito un "radicato assoggettamento dell’azione amministrativa comunale" che avrebbe portato a una "costante svendita della funzione pubblica".
Le accuse a Catella: dal Villaggio Olimpico al Pirellino
A Catella sono stati contestati in particolare due episodi. Il primo riguarda un presunto "accordo di corruzione" con Scandurra, al quale il ceo di Coima avrebbe affidato "incarichi remunerati di progettazione, tutti soggetti a valutazioni della Commissione per il paesaggio", con l'allora membro della Commissione Paesaggio che avrebbe "piegato l'esercizio della sua funzione in favore degli interessi di Coima e suoi personali". Questo, sostiene la Procura, sarebbe avvenuto per i progetti del Villaggio Olimpico a Porta Romana da convertire in studentato e quello relativo al Pirellino. La seconda accusa è di aver indotto Giuseppe Marinoni, presidente della Commissione Paesaggio, a orientare gli altri membri a esprimersi a favore sull'intervento edilizio al Pirellino e alla Torre Botanica, modificando il parere negativo che era già stato espresso.
Il gip del Tribunale di Milano aveva disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari solo per il primo reato contestato. Secondo il giudice, esisteva un "patto corruttivo" tra Catella e Scandurra, ma questo si sarebbe manifestato solo nella seduta del 5 ottobre 2023 nella quale l'ex membro della commissione avrebbe dovuto astenersi. Scandurra il luglio precedente avrebbe emesso una fattura nei confronti di Coima per oltre 28mila euro e che, ha sostenuto il gip, era "oggettivamente falsa" per cifre e tempistiche. In seguito a quel pagamento, ci sarebbe stato in Scandurra un cambio "radicale" nel comportamento manifestato, infine, il 5 ottobre 2023 con il suo "parere favorevole".
La decisione del Riesame
Gli avvocati difensori di Catella, Francesco Mucciarelli e Adriano Raffaelli, hanno presentato ricorso al Tribunale del Riesame contro la decisione del gip di applicare la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del loro assistito. I legali, infatti, hanno affermato che per loro non esisterebbe alcun patto corruttivo e che la fattura da 28mila euro era tutt'altro che falsa.
Il Tribunale del Riesame ha accolto il ricorso. I giudici hanno spiegato che affinché si costituisca il reato di corruzione propria "deve essere dimostrato che il compimento dell’atto contrario ai doversi d’ufficio sia la ‘causa' della prestazione dell’utilità e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale". Nel caso di Catella e Scandurra, i soldi potrebbero costituire un "indizio", ma da soli non possono essere "la prova" e inoltre deve essere dimostrato che il fine di quel versamento fosse un "impegno di un futuro comportamento contrario ai doveri d’ufficio". Per i giudici del Riesame, comunque quel denaro era dovuto da Coima a Scandurra per due contratti che erano stati stipulati in precedenza.