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“Nessun tassista trovato”: perché nessuno vuole davvero risolvere il problema dei taxi in Italia

Dalle licenze bloccate da vent’anni, al traffico ingestibile: sono tanti i motivi per cui a Milano si fa sempre più fatica a trovare un taxi quando serve.
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L'ultima volta che il comune di Milano ha rilasciato nuove licenze per i taxi il sindaco era Gabriele Albertini: era il 2003, l'iPhone non era stato ancora inventato e il capitano del Milan era Paolo Maldini. Vent'anni dopo, sfruttando il decreto Asset che il governo di Giorgia Meloni ha firmato ad agosto, il comune di Milano sta per rilasciare 450 nuove licenze per i taxi che dovrebbero alleviare il problema delle lunghe attese.

"Nessun taxi trovato"

Il nostro viaggio – non solo metaforico – nel mondo dei taxi inizia un venerdì sera con i colleghi dell'ufficio. All'1:10 di notte usciamo da un locale vicino al Politecnico di Milano e chiamiamo un taxi. Prima proviamo con la app e poi con il centralino ma il risultato è lo stesso: non ci sono taxi.

Nei weekend, soprattutto la sera, il problema è ricorrente: secondo un'indagine dell'Antitrust, e i numeri li conferma anche Arianna Censi, l'assessora alla Mobilità del comune di Milano, nei mesi di maggio e giugno durante i weekend, quattro richieste di taxi su dieci non sono state soddisfatte. Si parla di migliaia di corse inevase: "l'attesa è molto lunga, – commenta Censi – il servizio oggi non è all'altezza delle richieste che vengono fatte".

Sfruttando il decreto Asset – che permette l'aumento delle licenze fino al venti per cento in più di quelle esistenti – Milano vuole arrivare a mille taxi in più che circolano, con 450 nuove licenze e altrettante doppie guide (lo stesso taxi che fa con un'altra persone un turno diverso). Le nuove licenze sarebbero potute essere mille, considerando il 20 per cento delle 4855 esistenti oggi a Milano, ma la base delle auto bianche avrebbe difficilmente tollerato un numero più alto.

Ma i tassisti cosa dicono sulle attese? Il 13 novembre i tassisti di Milano hanno protestato davanti alla sede del comune, Palazzo Marino. I tassisti lamentano il peggioramento del traffico, la rimozione di alcuni posteggi dei taxi e la sicurezza per chi lavora di notte.

Un momento della protesta dei tassisti
Un momento della protesta dei tassisti

Tra fumogeni, petardi e cori contro il sindaco Beppe Sala e assessora Censi, i tassisti sembrano non contestare apertamente il rilascio delle nuove licenze. "Abbiamo chiesto una viabilità migliore, quando aumenta il traffico la macchina non si muove" ci racconta Alessandro Casotto, responsabile Acai Taxi. Lo stesso sostiene il collega e sindacalista Emilio Boccalini di Taxiblu.

Secondo il decreto Asset, il ricavato dalla vendita delle nuove licenze andrà tutto alla categoria, circa 9mila euro a tassista, come indennizzo per la presenza di più taxi in città. Una sorta di regalo governativo perché il decreto Bersani, che regolamentava l'emissione di nuove licenze, aveva stabilito nell'80 per cento la cifra degli incassi da destinare ai tassisti.

La preoccupazione, fanno sapere i tassisti pur consapevoli che non si possa tenere il mercato delle licenze ancora bloccato, è che più taxi significhino meno incassi: "Emettere delle licenze è un intervento strutturale, se poi il lavoro crolla o non tiene o non continua, abbiamo un problema" commenta Pietro Gagliardi di Taxi unione artigiani.

Qui bisogna ricordare che, da Expo 2015 in poi, Milano ha attratto milioni di turisti in più e che il trend, segnalano da Confcommercio in giù, è questo: Milano è una città turistica e i taxi servono sempre di più.

A capire quanto il mercato milanese fosse appetibile è stata l'applicazione Uber, il servizio di noleggio con conducente. Nel 2014 Uber lanciava a Milano UberPop: ogni privato cittadino poteva mettersi a fare il tassista. Un'entrata a gamba tesa nel mercato tutelato dei tassisti, la prima vera rivoluzione della sharing economy.

Dopo mesi di proteste dei tassisti, talvolta con veri e propri agguati ai driver di Uber – come raccontato in un servizio di Fanpage.it – UberPop fu messa al bando. Rimase Uber nella versione costosa dei van e delle berline di lusso.

Uberpop a parte, ogni volta che il governo di turno ha provato a riformare il mercato dei taxi, la categoria ha protestato con forza, vincendo sempre: da Mario Monti a Mario Draghi, quello dei taxi è sempre stato un mercato irriformabile.

Quanto guadagna un tassista?

Capire quanto guadagna un tassista è un esercizio impossibile. I dati riportati dal ministero dell'Economia sono fermi al 2019 e raccontano di uno guadagno medio annuo per un tassista milanese di 19.500 euro circa. Una cifra che però tutti i tassisti che abbiamo sentito smentiscono.

Certo, le spese di una macchina usata tutti i giorni sono alte: manutenzione, gomme, assicurazione e benzina costano fino a 30mila euro l'anno, sostiene Boccalini. Che però aggiunge: "quello che guadagnano è abbastanza alto", anche 2500 euro netti al mese.

Noi abbiamo trascorso un pomeriggio con un tassista per farci un'idea. Lo incontriamo vicino alla Stazione Centrale. I clienti che abbiamo intervistato usano spesso il taxi, pagano quasi tutti con il pos, tranne una ragazza che accompagniamo a Linate, ma lamentano tutti la stessa identica cosa: trovare un taxi a Milano è difficile, dopo le 20 si può aspettare anche più di mezz'ora, pur se il traffico diminuisce.

In un giovedì pomeriggio le chiamate non sono molte, ma arriviamo a cento euro con quattro corse in tre-quattro ore di lavoro, con il traffico che certamente non aiuta a spostarsi e a prendere i clienti. Migliorare la viabilità della città dovrebbe essere un'altra priorità da affrontare. Intanto, dopo anni di proteste e scontri tra tassisti e lo stato, le prime nuove licenze sono in arrivo.

L'assessora ostenta sicurezza – "questa volta ce la faremo" assicura – i tassisti forse protesteranno ancora, e noi clienti forse aspetteremo di meno?

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