Nataly Quintanilla uccisa e gettata nell’Adda, l’avvocato della famiglia: “L’autopsia conferma il femminicidio”

Supportano l'ipotesi del femminicidio i risultati dell'autopsia compiuta sul corpo di Jhoanna Nataly Quintanilla Valle, la 40enne che lavorava a Milano come babysitter e che è stata uccisa nella notte tra il 24 e il 25 gennaio scorso. Lo ha fatto sapere l'avvocato Nicodemo Gentile, avvocato dei familiari della vittima, che ha detto: "Nataly, donna perbene e pura, era probabilmente diventata ingombrate, perché non rispondeva più alle aspettative del suo compagno, e purtroppo, come avviene spesso, questo nuovo assetto ha causato la sua brutale eliminazione". Secondo Gentile, l'accertamento medico legale ha restituito il quadro di una "morte per causa violenta, ragionevolmente conseguente a un'azione perpetrata da terzi".
L'unico indagato per il delitto, al momento, è il compagno della donna, Pablo Gonzalez Rivas. Dopo aver denunciato la scomparsa della donna una settimana dopo la sua effettiva sparizione, il 48enne disse agli investigatori di non sapere dove fosse la compagna, ma di sospettare che si fosse allontanata volontariamente, visto che dalla casa che i due condividevano (un appartamento in piazza dei Daini, a Milano) mancavano alcuni suoi vestiti e una valigia. Solo successivamente, dopo una perquisizione nell'appartamento durante la quale erano state trovate alcune macchie compatibili con tracce di sangue e dopo l'acquisizione di alcuni video delle telecamere, Rivas confessò l'omicidio. Raccontò agli inquirenti di aver ucciso la compagna per sbaglio, spezzandole il collo durante un gioco erotico, e disse di essersi sbarazzato del corpo mettendolo in una valigia e gettandolo in un canale.
Le ricerche erano durate diverse settimane, fino al ritrovamento del corpo di una donna chiuso in un borsone nel fiume Adda. La quantità di giorni trascorsi nell'acqua ha reso più difficili gli accertamenti sulla salma, ma l'autopsia ha confermato che il cadavere è quello di Quintanilla. Gli esami smentirebbero invece la versione della morte accidentale data da Rivas. "Nessun riscontro – ha detto l'avvocato Gentile – neanche radiologico, sembra confermare o supportare il racconto fatto dall'attuale indagato, di aver ‘spezzato il collo' alla povera Nataly durante un rapporto intimo". La donna è risultata negativa ai test tossicologici e sarebbe morta per "un meccanismo lesivo composito (costrittivo, contusivo, lacerativo e fratturativo)". Le lesioni che aveva sul corpo, tra cui "la frattura composta dell'osso nasale e una lesione all'osso temporale destro", sarebbero stato provocate da un'arma bianca "come potrebbe essere ipoteticamente un cacciavite a croce o a stella". Le ferite le sarebbero state inferte mentre era ancora in vita.
"In questo momento di rinnovato dolore – ha concluso l'avvocato Gentile – la famiglia di Nataly, le sue amiche, oltre a ringraziare la Procura di Milano, chiedono solo che venga fatta piena luce sui fatti, che vengano accertate tutte le responsabilità".