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Muore per encefalite a 26 anni, medico a processo: “Se avesse consultato il neurologo, l’avrebbe salvata”

Il medico Francesco Bagnolo è a processo con l’accusa di omicidio colposo ai danni di Ilaria Parimbelli. L’avvocato della parte civile: “La sua colpa è di non aver chiesto il consulto del neurologo. Così l’avrebbe salvata”.
A cura di Giulia Ghirardi
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Ilaria Parimbelli
Ilaria Parimbelli

"La colpa di Bagnolo è di non aver chiesto il consulto del neurologo. Al posto di dimettere Ilaria con una diagnosi di crisi d'ansia avrebbe dovuto procedere con accertamenti e approfondimenti. Così non solo l'avrebbe salvata, ma l'avrebbe anche guarita". A parlare a Fanpage.it è Oliviero Mazza, l'avvocato dei genitori e del fratello di Ilaria Parimbelli che si sono costituiti parte civile nel processo contro Francesco Bagnolo, il medico del pronto soccorso accusato di omicidio colposo della ragazza.

Facciamo un passo indietro. Tutto è iniziato quando Ilaria Parimbelli si è presentata al pronto soccorso dell'ospedale di Zingonia (Bergamo) il 23 settembre 2019 con febbre, forte cefalea, vomito, allucinazioni uditive e visive. Con questi sintomi, la 26enne è stata presa in carico da un medico che, a fine turno, l'ha lasciata alle cure di un collega, Francesco Bagnolo.

Il medico è oggi a processo per l'omicidio colposo della ragazza. Nel capo di imputazione si parla di "irrecuperabile ritardo nella diagnosi" rispetto a quella fatta "correttamente" quattro giorni dopo al Papa Giovanni XXIII, dove la ragazza finì in terapia intensiva. Da allora la 26enne è rimasta in uno stato di minima coscienza, incapace di camminare, mangiare e lavarsi da sola. È morta l’1 agosto 2021, soffocata in seguito a una crisi epilettica dovuta alla sua condizione.

Il processo: "Una battaglia di consulenze e di perizie"

In occasione dell'udienza che si è tenuta ieri, mercoledì 19 novembre, c'è stato l'esame dei periti che il giudice aveva nominato all'udienza precedente e, come preannunciato dal legale della parte civile, è stata una vera e propria "battaglia" volta ad accertare le responsabilità delle parti coinvolte.

Le conclusioni dei periti hanno fatto emergere la "negligenza dell'imputato", il dottor Bagnolo, che "ha fatto una diagnosi sbagliata e non ha fatto alcun tipo di approfondimento al momento dell'accesso al pronto soccorso di Ilaria". In particolare, è emerso che "il medico non aveva preso in considerazione l'ipotesi di un'infezione cerebrale", nonostante la combinazione di febbre e allucinazioni, sintomi tipici di encefalite. Come ha sottolineato Mazza, "se Bagnolo avesse consultato un neurologo, avrebbe potuto diagnosticare l’encefalite e somministrare l’Aciclovir in tempo, cosa che avrebbe cambiato il corso della malattia, potenzialmente salvando la vita di Ilaria".

A sostegno di questa tesi, Mazza ha presentato "documenti alla mano" che provano l’esistenza del reparto di neurologia all'ospedale San Marco di Zingonia, dove sarebbe stato facile chiedere un consulto. Inoltre, la struttura disponeva degli strumenti necessari, come l’elettroencefalogramma e la risonanza magnetica, strumenti che, invece, non sono stati utilizzati per approfondire la diagnosi.

Questo perché, secondo Mazza, "il medico non ha creduto alla paziente". Nonostante i sintomi evidenti e le lamentele della giovane, "Bagnolo ha sottovalutato la situazione", liquidandola con una diagnosi errata di crisi d’ansia. Un comportamento che, secondo il legale, distruggerebbe il fondamentale "patto di fiducia" che dovrebbe esistere tra medico e paziente. "Se l'imputato avesse creduto a Ilaria e l’avesse trattata con la dovuta attenzione, avrebbe avuto la possibilità di salvarla", ha concluso Mazza a Fanpage.it. "La malattia era curabile, ma solo se diagnosticata tempestivamente perché tempo-determinata".

Al termine dell'udienza il giudice ha rinviato al 12 gennaio la discussione e quindi la conclusione del processo.

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