Morto risucchiato dal motore di un aereo a Orio al Serio, lo steward avverte il collega: “Chiudi gli occhi”

La morte di Andrea Russo, il 35enne che lo scorso 8 luglio ha perso la vita, risucchiato dal motore di un aereo sulla pista di atterraggio dell'aeroporto di Orio al Serio, è una di quelle scene destinate a imprimersi nella memoria, soprattutto in quella di chi l'ha vissuta da vicino. È il caso dei due steward che, al momento dei fatti, si trovavano sull'aereo. "Chiudi gli occhi", avrebbe detto il primo dopo aver capito cosa stava per succedere al collega più giovane che, però, non ha fatto in tempo e nelle ore successive è stato costretto a rivivere quanto accaduto.
Insieme agli operatori sanitari del 118, i vigili del fuoco e le forze dell'ordine, infatti, sono giunti in aeroporto anche 12 psicologi della Sipem Sos, la Società italiana psicologia d’emergenzache opera in aree colpite da disastri. "Alcune persone non avevano grossi problemi, ma altre erano traumatizzate. C’era molta tristezza e parlavano di questo, o della depressione", ha raccontato la presidentessa della Sipem, Roberta Brivio a Il Corriere della Sera. "Il giovane di 23 anni che aveva assistito alla tragedia era traumatizzato e rivedeva sempre la stessa scena. L’abbiamo affidato a un collega per un rapporto più diretto, e lo stiamo chiamando a casa per capire come sta". In più, un operatore ha riferito di essersi recato in pista per coprire il corpo di Russo "perché passeggeri e testimoni non facevano altro che fotografare la scena. Non riesco a togliermi dal naso l’odore di morte", ha aggiunto.
Il problema in questi casi è capire che "se ti capita di rivedere quella scena o hai gli incubi, non stai diventando matto, ma è normale. Se però succede ancora dopo due mesi allora serve una terapia", ha continuato a spiegare la presidentessa. "Ma bisogna continuare con i ritmi della vita normale, senza fare uso di alcol o farmaci. Se i figli a casa chiedono cosa è successo è meglio parlarne, certo con le parole adatte, perché per i bambini è peggio se il genitore sta male ma loro non sanno perché e si immaginano di tutto".
Dall'ingresso dell'aeroporto alla pista di atterraggio: cosa sappiamo sulla morte di Russo
Andrea Russo è arrivato in aeroporto in contromano, a bordo di una Fiat 500 di colore rosso. Gli inquirenti descriveranno poi l'auto "molto in disordine, piena di mozziconi di sigaretta". A parte questo, nulla di significativo per le indagini, nessun indizio che potesse far pensare a quello che è successo dopo.
Una volta lasciata l'auto vicino ai bus in transito, Russo si è diretto all'area dedicata agli arrivi dell'aeroporto. Una volta lì avrebbe atteso l'apertura delle porte automatiche, attivate all'uscita di qualche passeggero, per introdursi e quindi eludere i controlli di sicurezza. Dopodiché, inseguito da alcuni poliziotti, l'uomo avrebbe percorso a ritroso la via d'uscita sino alla pista di atterraggio dove è poi stato risucchiato dal motore di un Airbus A319 di Volotea diretto in Spagna che, al momento dei fatti, stava ultimando il cosiddetto "pushback", ovvero la manovra di allontanamento dalla piazzola di sosta.
La procura di Bergamo ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio contro ignoti, atto che permetterà anche di disporre l'autopsia sul corpo del 35enne e di effettuare gli esami tossicologici per verificare se al momento dei fatti Russo fosse sotto l'effetto di alcol o sostanze stupefacenti.