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Milano, cambiavano il codice IMEI agli iPhone rubati per poterli rivendere come nuovi: arrestati

Una donna e due uomini sono finiti in manette dopo un’indagine condotta dai carabinieri di Arese e Rho, coordinata dalla procura di Milano, con l’accusa di associazione a delinquere con finalità di ricettazione e riciclaggio di dispositivi elettronici. I tre cambiavano il codice IMEI degli iPhone per poterli rivendere come se fossero nuovi.
A cura di Filippo M. Capra
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Gli iPhone sequestrati (Foto: Carabinieri)
Gli iPhone sequestrati (Foto: Carabinieri)

I carabinieri di Arese e di Rho hanno sgominato una banda di hacker che operava in un paio di negozi del centro di Milano. Secondo quanto accertato dai militari, nelle indagini coordinate dalla procura, i tre finiti in manette e ora ai domiciliari con l'accusa di associazione a delinquere con finalità di ricettazione e riciclaggio di dispositivi elettronici, si sono resi protagonisti di aver venduto ai clienti dei modelli di iPhone fittiziamente "vergini".

Cellulari venduti con schede sim create dai tre hacker

Comprati da ladri che eseguivano furti a privati, attraverso un malware riuscivano a cambiare il codice IMEI dei cellulari, ovvero il codice che lo identifica per la messa in vendita, facendoli risultare come nuovi. Gli acquirenti, quindi, erano convinti di impossessarsi di telefoni usciti dalla fabbrica e non già utilizzati da terzi ai quali erano stati sottratti. Tutto è nato dalla denuncia di un cittadino ai carabinieri per il furto del suo laptop, poi ritrovato su un sito di compravendita online. Secondo poi quanto verificato dai carabinieri, insieme agli smartphone contraffatti, su richiesta, venivano vendute anche schede sim prodotte dai tre finiti in manette, una donna italiana di 29 anni e due uomini egiziani di 28 e 36 anni. Con tali sim, anche i proprietari potevano risultare "sconosciuti" ai sistemi, potendo quindi eventualmente delinquere senza lasciare alcuna traccia. Il tutto avveniva grazie al programma di hackeraggio che i tre avevano in una normale chiavetta usb: con questo malware, i criminali eludevano i sistemi di sicurezza. I carabinieri hanno reso noto che per svelare il modus operandi della banda e accertare che i codici IMEI venissero cambiati, l'azienda produttrice di tali dispositivi, Apple, ha acconsentito a fornire i reali codici ID così da risalire all'identità di coloro i quali hanno effettuato il primo accesso sul dispositivo.

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