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Mani pulite, 30 anni fa il primo arresto. Gherardo Colombo: “La corruzione non si ferma con i processi”

Il 17 febbraio 1992, l’arresto del manager socialista Mario Chiesa a Milano segnava l’inizio della stagione di Tangentopoli e dell’inchiesta poi ribattezzata Mani pulite. Tra i magistrati del pool c’era anche Gherardo Colombo: “Dopo trent’anni di indagini e processi siamo ancora qui a parlare di corruzione e a farci la domanda ‘com’è la corruzione oggi rispetto ad allora’. E intanto sono passati trent’anni”, ha detto a Fanpage.it.
A cura di Giorgia Venturini
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Era il 17 febbraio di 30 anni fa. È il giorno zero di Tangentopoli: l'inizio di più di dieci anni di indagini che porteranno a scoprire in Italia un vero sistema di corruzione. È il giorno del primo arresto dell'inchiesta poi ribattezzata "Mani pulite": l'ingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio e membro di primo piano del Partito socialista italiano milanese, viene colto in flagranza di reato nel momento stesso in cui intasca una tangente dall'imprenditore monzese Luca Magni, che pochi giorni prima aveva denunciato tutto ai carabinieri e con loro si era accordato per entrare nell'ufficio di Chiesa con una telecamera nascosta. Magni era stanco di pagare tangenti per ottenere gli appalti.

Quello che molti milanesi pensavano fosse un arresto fine a sé stesso, con il passare del tempo si rivela parte di un "sistema" di appalti e tangenti che ha coinvolto governo e politici: dalla Procura di Milano furono 4520 gli indagati, 3200 i rinviati a giudizio, 1281 le condanne. Ma nel bilancio di quel periodo non possono essere dimenticate anche le persone che si sono suicidate, tra cui l'imprenditore Raul Gardini e l'ex presidente dell'Eni Gabriele Cagliari. Tra i magistrati protagonisti di Mani pulite – Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo, Gerardo D'Ambrosio, Francesco Greco, Francesco Saverio Borrelli, Tiziana Parenti – c'era anche Gherardo Colombo, oggi presidente del Comitato per la Legalità, la trasparenza e l'efficienza amministrativa del Comune di Milano. Quel giorno di 30 anni fa Colombo se lo ricorda molto bene e lo racconta a Fanpage.it.

Il 17 febbraio del 1992 segna uno spartiacque nella storia della Repubblica italiana?

Il 17 febbraio inizia Mani pulite, ma si saprà che sarà Mani pulite solo dopo alcuni mesi. A segnare però un primo o un dopo è stata un'altra data, ovvero il novembre del 1989 quando è caduto il muro di Berlino. Perché la possibilità di investigare, di aprire i cassetti del potere è dipesa proprio dalla caduta del muro. Già nel 1981 insieme a Giuliano Turone avevo avuto la possibilità di scoprire le liste della P2. Se le indagini fossero rimaste a Milano direi che è matematico che avremmo scoperto il "sistema della corruzione" in Italia dieci anni prima. Tra il prima e il dopo la caduta del muro di Berlino però è cambiato l'assetto politico del globo. Si è così disorientato per qualche tempo quel potere che prima ha impedito di andare a vedere certe cose.

Lei è entrato nelle indagini di Mani Pulite il 27 aprile del 1992 ed è rimasto nell'inchiesta fino alla fine di giugno del 2005, quando è stato trasferito in Cassazione. Durante questo periodo si sono suicidate diverse persone. Come interpretavate queste morti voi magistrati?

Durante le nostre indagini, o a causa delle nostre indagini, si sono suicidate sei persone. Anche un solo suicidio sarebbe stato già un fatto molto grave, bisognerebbe riuscire a evitare che succedano cose simili. Dei sei suicidi solo uno è avvenuto in carcere: l'indagato era in cella non per nostra disposizione perché se fosse stato per noi sarebbe stato agli arresti domiciliari. Tutto è successo in modo imprevedibile. Mi è successo di evitare che una persona si suicidasse: percepivamo dei segnali ed evitavamo un simile gesto. Con Mani pulite è stato molto difficile. Ad oggi, è giusto ricordarlo, siamo arrivati a dieci suicidi in carcere dall'inizio dell'anno: un dato di una tragicità immensa. Bisogna cambiare qualche cosa.

Cosa cambierebbe lei?

È necessario "recuperare", anche se è un termine sbagliato perché non c'era nulla prima che lo garantisse, il senso della dignità delle persone. Anche quando queste persone hanno commesso un reato. I suicidi di Mani pulite sono dipesi anche perché queste gli indagati sono state messi in prima pagina. Si deve cambiare atteggiamento e mentalità: dobbiamo rispettare le persone comunque. Lo dice anche l'articolo 3 della costituzione, tutte le persone hanno una dignità. Hanno dignità anche chi commette un reato, tanto quanto le altre. La loro dignità non è da buttare via.

Cambierebbe quindi il sistema carcerario?

Credo che il carcere non serva a renderci più sicuri: il 70 per cento delle persone che esce dal carcere commette nuovi reati. Premesso che secondo me chi è pericoloso deve stare da un'altra parte fin tanto che è pericoloso. In questo periodo deve vedersi rispettati tutti i diritti che non confliggono con la tutela della collettività. Purtroppo continuiamo a ritenere che la risposta alla trasgressione sia la vendetta. Ma non dovrebbe essere così.

All'interno del pool che indagava su Mani pulite c'erano dei momenti in cui voi magistrati pensavate in modo diverso?

C'era questa idea di vederci come blocco, eppure spesso abbiamo avuto idee diverse. Io e Piercamillo Davigo abbiamo scritto un libro che si chiama "La tua giustizia non è la mia", dove emergono le nostre differenze anche su quello che facevamo insieme. Ad esempio, secondo me la deterrenza non funziona. Io ritengo che si rispettano le regole perché si condividono non perché si ha paura della punizione. Questo poi dipende da tante cose, dal vissuto per esempio. Credo sia necessario capire che le regole si condividono perché si capiscono. Quindi si rispettano.

Se potesse tornare indietro c'è qualcosa che farebbe in modo diverso durante le indagini di Mani pulite?

Delle volte magari è successo di fidarsi delle prove che sono state raggiunte. Cioè ritenerle sufficienti, magari delle volte potevamo approfondire qualche cosa di più.

Nella classifica di Transparency International, secondo i dati dell’Indice della percezione della corruzione 2021, l'Italia è al 42esimo posto su una classifica di 180 paesi. Nonostante l'andamento positivo degli ultimi anni, la corruzione è ancora il male dell'Italia oggi?

Per me non esiste più il "sistema" di allora, perché allora si parlava proprio di un "sistema di corruzione", che collegava la corruzione con il finanziamento illecito dei partiti. Adesso per lo meno, da quelle che sono le conoscenze diffuse, non è più così: oggi però continua a esistere la corruzione finalizzata al rendimento personale. Che c'era anche allora, ma oggi sembra essere rimasta solo questa idea di corruzione.

Che eredità le ha lasciato l'inchiesta Mani pulite?

A me ha lasciato la consapevolezza assoluta che fenomeni così diffusi di trasgressività possano essere affrontati soltanto a un livello diverso del processo penale. È impossibile riuscire a marginalizzare la corruzione attraverso un processo penale. Non è lo strumento giusto e ne abbiamo la prova. Dopo trent'anni di indagini e processi siamo ancora qui a parlare di corruzione e a farci la domanda ‘com'è la corruzione oggi rispetto ad allora'. E intanto sono passati trent'anni.

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