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L’omicidio di Nerina Fontana, uccisa a calci e pugni dal figlio: chiesto l’ergastolo per l’uomo

Il pm ha chiesto il carcere a vita per Ruben Andreoli, il 45enne che, il 15 settembre 2023, aveva massacrato a calci e pugni la madre Nerina Fontana. La difesa ha chiesto una pena meno dura e l’esclusione dell’aggravante del vincolo familiare. La prossima udienza sarà il 22 ottobre.
A cura di Vittoria Brighenti
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Ruben Andreoli e Nerina Fontana
Ruben Andreoli e Nerina Fontana

Si è concluso con la richiesta di condanna all'ergastolo il processo per Ruben Andreoli, il 45enne che, più di due anni fa, uccise la madre a calci e pugni in casa a Sirmione (Brescia). Il pm Ettore Tirato ha chiesto la pena dell'ergastolo motivandolo con la necessità di riconoscere l'aggravante del vincolo familiare. Ha inoltre sostenuto che non è possibile riconoscere l'aggravante dei futili motivi e ha inoltre chiesto di non riconoscere le attenuanti generiche.

La ricostruzione del caso

Nella serata di venerdì 15 settembre 2023 il 45enne Ruben Andreoli uccise la madre 72enne Nerina Fontana massacrandola di botte. La scena è avvenuta nel loro appartamento di via XXIV maggio a Colombare di Sirmione, comune nella provincia di Brescia. I due, insieme alla moglie di Andreoli, stavano cenando quando sarebbe esplosa una lite. L'uomo avrebbe iniziato a picchiarla con calci e pugni in salotto e poi sul balcone. Un passante, che si è reso conto della scena, ha chiamato i soccorsi mentre la moglie del 45enne ha aperto la porta al vicino di casa, un ex poliziotto in pensione.

Al suo arrivo, ripreso dall'ex agente, Andreoli si sarebbe poi fermato e si sarebbe seduto sulla poltrona in silenzio. Quando gli operatori del 118 sono arrivati nell'appartamento, la 72enne riusciva a malapena a parlare. Portata al Poliambulanza in fin di vita, Nerina Fontana è morta poco dopo la mezzanotte del giorno successivo. L'anziana aveva lesioni gravissime sulla parte destra del cranio e numerose fratture alle braccia, all'addome, al volto e alle dita. Stando alla testimonianza della moglie, il motivo del litigio era la loro volontà di tornare in Ucraina, il suo paese d'origine.

Accusato di omicidio volontario aggravato, subito dopo l'arresto, Andreoli si era avvalso della facoltà di non rispondere alle domande degli inquirenti. L'uomo avrebbe detto al suo avvocato Matteo Raffaglio di non ricordarsi nulla: "Non è stato in grado di parlare e spiegare il motivo della violenza", aveva affermato. L'uomo era poi stato portato in carcere a Canton Mombello.

Negli interrogatori che avevano preceduto il processo di settembre 2024, Andreoli aveva detto di ricordare "solo uno schiaffo, poi il buio". L'uomo aveva anche escluso il movente economico all'origine dell'aggressione e, a differenza di quanto aveva detto la moglie, il fatto che volesse trasferirsi stabilmente insieme alla moglie in Ucraina. Il giorno prima dell'omicidio, secondo le ricostruzioni dell'imputato, Nerina Fontana avrebbe gettato le foto del matrimonio del figlio e avrebbe offeso la nuora. "Negli ultimi dieci giorni nemmeno ci parlavamo, lei non voleva venire più a pranzo a casa con noi. Quel giorno lei era sulla poltrona, io sul divano e abbiamo iniziato a discutere".

Lo scorso 25 marzo invece, Andreoli è stato ascoltato in tribunale nel corso dell'udienza che lo ha visto imputato davanti alla Corte d'assise di Brescia con l'accusa di omicidio. L'uomo aveva nuovamente riportato di non ricordarsi nulla dell'episodio. "Non mi riconosco in quello che ho fatto, provo solo schifo: non è possibile che io abbia commesso una cosa simile alla mamma, non so nemmeno come. Mia madre è la persona più importante della mia vita. È assurdo. Non lo rifarei", aveva dichiarato.

A luglio lo psichiatra Giacomo Filippini, al quale era stata affidata la perizia psichiatrica, aveva escluso l'infermità mentale: Andreoli infatti, aveva capacità di intendere e di volere al momento del fatto. Secondo il perito, il 47enne avrebbe “una personalità con aspetti disfunzionali significativi”.

Il processo

Il processo, come riportato, si è concluso con la richiesta di condanna all'ergastolo. Il pm Ettore Tirato ha chiesto il carcere a vita, scelta motivata dall'aggravante derivante dal rapporto madre-figlio. Aggiunge che non ci sono motivi futili ma nemmeno scuse o attenuanti per giustificare il gesto.

L'avvocato della parte civile è d'accordo con il pm e ha anche chiesto un risarcimento per il danno subito. La difesa di Andreoli, rappresentata dall'avvocato Marco Capra, ha chiesto una pena meno dura dell'ergastolo e di escludere l'aggravante. Capra ha sottolineato nell'arringa che la pena dovrebbe servire anche a rieducare Andreoli, non solo punirlo, e di riconoscergli le attenuanti generiche.

La prossima udienza sarà il 22 ottobre. In quel giorno, ci saranno eventuali repliche e il giudice emetterà la sentenza.

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