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L’ex attaccante del Milan Robinho condannato per stupro: verso il mandato d’arresto internazionale

Si attende l’estradizione e il mandato d’arresto internazionale per l’ex attaccante del Milan Robinho, condannato in via definitiva a 9 anni di carcere per violenza sessuale di gruppo.
A cura di Giorgia Venturini
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Si va verso l'estrazione e la richiesta di mandato d'arresto internazionale per l'ex attaccante del Milan Robinho, condannato in via definitiva a 9 anni di carcere per violenza sessuale di gruppo in un locale di Milano la notte del 22 gennaio del 2013. La vittima era una ragazza albanese di 23 anni. Ora nei prossimi giorni nei confronti dell'ex calciatore rossonero, residente in Brasile, la Procura potrà formulare la richiesta di arresto internazionale che potrà esprimersi anche nei confronti dell'amico dell'attaccante, condannato anche lui in via definitiva per lo stesso reato. L'ordine di esecuzione verrà trasmesso al Ministero della Giustizia alle autorità brasiliane. E qui si apre un problema: Robinho non sarà consegnato alla giustizia italiana perché la Costituzione federale brasiliana non consente l'estradizione dei propri cittadini, ma con il mandato d'arresto internazionale potrebbe essere arrestato qualora uscisse dal Brasile e fosse rintracciato in un altro Paese.

I fatti risalgono a una notte del 2013

Per mesi le indagini hanno cercato di ricostruire quanto accaduto la notte della violenza. La Corte d'Appello nel depositare la motivazione della sentenza aveva precisato che i due condannati avevano mostrato un "particolare disprezzo" verso "la vittima che è stata brutalmente umiliata". Dopo i fatti l'ex attaccante, secondo i giudici, ha cercato immediatamente di sviare le indagini raccontando il falso e accordando con il complice una versione dei fatti ben diversi dalla realtà. Il giudice d'appello aveva poi scritto nelle motivazioni: "Nonostante le "floride condizioni economiche" del calciatore, "decantate dalla difesa e che avrebbero costituito l'obiettivo ultimo della denuncia, egli non ha inteso avanzare neppure una offerta risarcitoria che, anche nella prospettiva difensiva di una mancata percezione del dissenso, avrebbe potuto trovare spazio". Le indagini avevano anche evidenziato l'assoluta mancanza di consenso della giovane, che si trovava in uno stato di totale incoscienza al momento della violenza. "Era evidente e chiara agli imputati i quali ne hanno approfittato per soddisfare i propri istinti sessuali".

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