Leoncavallo a Milano, dal 1975 è un simbolo per la città: perché la sua chiusura è una sconfitta

Per 31 anni il centro sociale Leoncavallo, spazio pubblico autogestito, è stato nell'ex cartiera di via Watteau a Milano, che è stata occupata dal 1994 fino allo sfratto del 21 agosto 2025.
La storia del centro sociale più longevo d'Italia affonda però le sue radici in un altro quartiere di Milano, al Casoretto, dove il 18 ottobre 1975, al termine di un corteo, un gruppo di ragazzi del quartiere occupa un capannone in disuso di un'azienda farmaceutica in via Leoncavallo 22: è la nascita dell'omonimo centro sociale.
Via Leoncavallo, 1975-1994
Dopo l'azione, si diffonde la voce e arrivano anche studenti milanesi come Mauro Decortes, storico anarchico del circolo Ponte della Ghisolfa, quello del ferroviere Giuseppe Pinelli, morto nella Questura di Milano nei giorni successivi alla strage di Piazza Fontana.

"Siamo arrivati alle sei di sera e siamo entrati da una porta secondaria" racconta Decortes a Fanpage.it."Allora occupare era una cosa normale". Il Leoncavallo diventa il punto di riferimento del quartiere: ci sono tanti giovani, è uno spazio di aggregazione per tutti che cerca di sopperire alla mancanza di servizi della zona, come il doposcuola, le palestre, consultori, biblioteche. "In un luogo abbandonato si creava una socialità di quartiere", spiega Decortes.
Tre anni dopo l'occupazione, in un'Italia sconvolta dal terrorismo, dal rapimento di Aldo Moro e l'uccisione della sua scorta, il 18 marzo 1978 due giovani militanti del Leoncavallo vengono uccisi a colpi di pistola a pochi passi dal "Leo". Sono Fausto Tinelli e Lorenzo "Iaio" Iannucci. Le inchieste giudiziarie hanno per anni cercato mandanti ed esecutori scavando a lungo, senza successo, nel mondo dell'estrema destra e dello spaccio di droga. All'epoca c'era un dossier sullo spaccio di eroina condotto proprio dal centro sociale.
La reazione dei militanti è immediata: nasce l'associazione Mamme antifasciste del Leoncavallo, molto impegnate nella lotta alla tossicodipendenza, all'epoca una vera piaga.
Oggi presidente dell'associazione è Marina Boer, nel Leoncavallo dal 1980. Nove anni dopo arriva il primo sgombero del centro sociale: "È stato completamente raso al suolo e l'abbiamo ricostruito, tirando su le travi di cemento armato, è durata fino al 1994 – racconta Boer a Fanpage.it – abbiamo concordato di uscire dal vecchio Leoncavallo, siamo poi andati per qualche mese in via Salomone, nell'ex fabbrica Krupp, poi siamo stati nei parchi, come randagi, parlavamo con la gente dell'idea di città che avevamo".

Via Watteau, 1994-2025
A settembre 1994 c'è l'occupazione di via Watteau. In questi trent'anni, che portano allo sfratto del 21 agosto, il Leoncavallo è stato attivo su tanti fronti: è stato un motore culturale e sociale per i movimenti alternativi, ha ospitato laboratori di fotografia, teatro, musica, fatto esibire artisti di fama internazionale, ha offerto corsi gratuiti di italiano a stranieri, ha aiutato i migranti ad affrontare tutte le difficoltà burocratiche italiane.
Fabio Marini fa parte della scuola di italiano per stranieri dal 2004: "Una delle prime scuole che faceva lezioni di italiano gratuite per migranti, senza guardare i documenti".

"L'affluenza era esagerata all'inizio, quattro cinque giorni a settimana, per centinaia di studenti all'anno" ricorda Marini. La scuola ha affrontato tutte le emergenze dovute ai conflitti nel mondo e ai successivi flussi migratori: "Arrivavano dall'Iraq, alla Siria, alla Libia, ultimamente la scuola era meno frequentata ma siamo sempre stati aperti, il Comune di mandava degli studenti".
"Ma anche per noi è un stato grande arricchimento – continua Marini – per imparare e capire cosa succede nel mondo, come sentire storie di ragazzi che hanno attraversato il deserto dell'Algeria con due taniche d'acqua".
Il Leoncavallo ha fatto politica nella vita quotidiana, capace di attirare persone di età ed esperienze diverse, "per questo il Leoncavallo dura da 50 anni, per questa proiezione verso l'esterno" sottolinea Marina Boer. "Questo è il Leo – le fa eco Marini – non è una discoteca, certo via Watteau dava tante opportunità ma il Leoncavallo sono reti e relazioni".
Cosa sarebbe Milano senza il Leoncavallo? chiediamo a Decortes: "È come se a Milano mancasse il Duomo, è un simbolo", ci ha risposto.