436 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Influenza, l’infettivologo Puoti: “Vaccinarsi adesso è ancora più importante. I no vax? S’informino”

“Tutti gli anni abbiamo circa 8-9 milioni di casi di influenza: avere milioni di persone con un’infezione che si presenta in maniera molto simile a un’altra che sta circolando e di cui vogliamo impedire la circolazione è un problema grosso”. A dirlo a Fanpage,it il professor Massimo Puoti, direttore del reparto Malattie infettive del Niguarda, che ha spiegato perché quest’anno vaccinarsi contro l’influenza sia ancora più importante per le persone a rischio: “Se riusciremo a ridurre il carico dato dal virus dell’influenza sul sistema sanitario avremo fatto una cosa positiva”. Ai No-Vax che lo hanno criticato: “Si informino, ma da chi ha competenze”.
Intervista a Prof. Massimo Puoti
Infettivologo, direttore del reparto Malattie infettive dell'ospedale Niguarda di Milano
A cura di Francesco Loiacono
436 CONDIVISIONI
Immagine

Il professor Massimo Puoti dirige la struttura complessa Malattie infettive dell'ospedale Niguarda di Milano. La scorsa settimana, in un video pubblicato sul canale Youtube dell'ospedale, ha parlato dell'importanza della vaccinazione antinfluenzale, specie quest'anno, suscitando anche molte critiche e polemiche da parte dei No Vax. A Fanpage.it ha spiegato il motivo dell'importanza della campagna contro l'influenza in questo particolare momento storico, con la pandemia di Coronavirus in corso e numeri di casi che stanno tornando a salire.

Professore, perché quest'anno più degli anni passati è importante vaccinarsi contro l'influenza? 

Le do dei numeri: l'anno scorso, ma in genere tutti gli anni, noi abbiamo circa 8-9 milioni di casi di influenza censiti attraverso una rete di sorveglianza coordinata dall'Istituto superiore di sanità (Influnet, ndr). Avere in diagnosi differenziale per 8-9 milioni di persone un'infezione che si presenta in maniera molto simile a un'altra che sta circolando e di cui vogliamo impedire la circolazione è un problema grosso.

Anche l'anno scorso, quindi, non c'è stato solo il coronavirus, come qualche complottista sottolinea ironicamente, ma anche l'influenza?

Sì, i dati sono simili a quelli del biennio 2018-2019 e 2017-2018. La diagnosi di Influnet è una diagnosi clinica effettuata da un campione di 558 medici sentinella che riportano i dati di sindromi simil influenzali sui loro assistiti, su circa 1,3 milioni di assistiti. È un'indagine statistica con un campione robusto. L'anno scorso è probabile che qualcosa del coronavirus sia finito tra le sindromi influenzali, ma l'andamento è abbastanza sovrapponibile alla curva del 2018-2019.

Cosa comporterebbe dover "curare" 8 milioni di persone con l'influenza?

La capacità di tamponi attualmente è di circa 100mila tamponi al giorno ed è ottima: questo significa che siamo in grado di fare 36 milioni di tamponi all'anno. In questi 36 milioni finirebbero per entrare tutte le persone con l'influenza: sarebbero 8 milioni di persone a cui fare l'accertamento diagnostico, capire se hanno un'infezione, e inoltre se manteniamo il discorso di identificare le persone contagiate, i contatti e isolarli, questo chiaramente può essere un problema. Però volevo spiegare un punto importante.

Quale? 

La vaccinazione antinfluenzale non è da far fare a tutti. Viene offerta gratuitamente dallo Stato alle persone di età pari o superiori a 65 anni o a chi ha altre patologie di base che aumentano il rischio di complicanze. Il nostro ministero avrebbe come obiettivo minimo che almeno il 75 per cento di queste persone vengano vaccinate. L'ultimo anno la copertura è stata tra il 50-55 per cento, una percentuale che è calata rispetto a dieci anni fa. Allora per tutti i motivi che ho esplicitato prima, l'offerta gratuita di campagna di vaccinazione anti influenza ha una particolare importanza che però è rivolta solo alle categorie a cui è offerta gratuitamente. Tra queste gli operatori sanitari, che hanno il dovere di vaccinarsi per evitare di contagiare i pazienti direttamente o attraverso i colleghi e di evitare, in un momento di eventuale sovraccarico per le strutture sanitarie, di doversi assentare per malattia.

Qual è la copertura sanitaria della vaccinazione antinfluenzale tra gli operatori sanitari? 

Non è ottimale, e forse questo è l'anno buono per cercare di cambiare le cose. La copertura non è molto alta, non so se arriva al 50 per cento.

Quindi un operatore sanitario su due non si vaccina.

Sì, con varietà su territorio importanti. Quest'anno ci saranno comunque altri problemi, per quanto riguarda il vaccino antinfluenzale.

Quali?

In supporto alla campagna vengono solitamente i medici di medicina generale (Mmg). Una persona dopo la vaccinazione solitamente deve stare alcuni minuti in osservazione. Però col distanziamento sociale da far rispettare è un grosso problema farlo nello studio dei Mmg, quindi bisognerà pensare ad altri spazi.

Professore, qual è il periodo dell'anno in cui compare l'influenza? E quando sarebbe giusto partire con la campagna antinfluenzale?

Il picco influenzale l'anno scorso si è avuto nella seconda settimana di febbraio, poco prima che si scoprissero i primi casi di coronavirus. Solitamente il periodo è quello, i sintomi si manifestano tra metà novembre e fine marzo. Per quanto riguarda l'inizio della campagna, sarebbe auspicabile come tutti gli anni non appena sono disponibili i vaccini, presumibilmente da ottobre in poi.

Tornando all'importanza della vaccinazione antinfluenzale: potrà aiutare in concreto la tenuta del sistema sanitario?

Il problema grosso che si è verificato con il coronavirus è stato lo stress sul sistema sanitario, che si è manifestato a 3 livelli: quello del territorio che deve identificare i contagi, isolarli e metterli in quarantena. Poi c'è la misura generale di prevenzione che è stata il lockdown: una misura dal costo sociale, economico e politico molto alto e importante. Poi è chiaro che se il territorio viene sovraccaricato dai casi, la capacità di prevenzione mirata attraverso l'isolamento dei soggetti viene travolta dall'eccessivo numero dei contagi. A questo punto la barriera sono gli ospedali: avere posti letto sufficienti per ricoverare tutti i casi, non asintomatici, ma che necessitano di cure perché hanno una manifestazione clinica più rilevante o non possono fare isolamento nelle strutture in cui sono. Infine, il sovraccarico può essere tale da esaurire le capacità di portare assistenza respiratoria intensiva o non intensiva ai pazienti ammalati, perché le risorse sono finite: non dimentichiamo che in alcuni ospedali veramente non bastava l'ossigeno la scorsa primavera. Quindi è chiaro che se noi riusciamo a ridurre il carico ugualmente dato dal virus dell'influenza sul sistema sanitario avremo fatto una cosa positiva. Va detta però una cosa: c'è un fattore che ci fa pensare che avremo meno casi di influenza quest'anno.

Quale?

Se tanta gente rispetta le misure per evitare la trasmissione del coronavirus – lavaggio mani, indossare la mascherina, rispettare il distanziamento sociale, restare a casa se si ha la febbre avvertendo il proprio mmg senza andare al lavoro -, questo fa pensare che anche la circolazione del virus influenzale sarà molto inferiore. In sintesi: già abbiamo una misura di prevenzione generale che se tutti rispettiamo ridurrà la circolazione del virus: aggiungere a questo anche la vaccinazione dei soggetti fragili ci aiuterebbe molto.

Era un suo auspicio: che le misure di prevenzione pubblicizzate in maniera massiccia anche da tv e giornali per contrastare il coronavirus venissero usate sempre, anche per l'influenza.

Sì, così come le avevo detto che alcune pubblicità trasmesse in tv mi lasciavano perplesso: il lavoratore che si prende la tachipirina e va al lavoro tutto felice con l'influenza, con i colleghi che lo accolgono felici perché fa funzionare i computer, mi sembra dal punto di vista della sanità pubblica una pubblicità fuorviante. Chi ha l'influenza deve stare a casa, non deve andare a lavorare e contagiare altre persone.

Passando rapidamente dall'influenza al Coronavirus: come vede l'incremento di casi di questi ultimi giorni?

C'è stato un incremento dei contagi, e aumentando la circolazione del virus quando questo colpisce delle persone predisposte, per alcuni di questi la forma è tanto grave che serve il supporto in terapia intensiva. Le dico però che, rispetto al numero di casi, l'incremento di ricoveri e terapie intensive lo si vede dopo 10-15 giorni. Adesso stiamo vedendo ciò che c'è stato col picco attorno a Ferragosto: allontanandoci dagli "effetti" del Ferragosto e sono fiducioso che, se il sistema territoriale funziona, dovrebbero diminuire i contagi, perché diminuiscono le occasioni di trasmissione che c'erano state durante le vacanze.

Ad esempio le discoteche?

Parliamo dello spostamento della popolazione, del mancato rispetto delle norme, di attività molto a rischio come ballare in spazi ristretti, cantare, parlare a voce molto alta. A proposito delle discoteche, dal punto di vista epidemiologico è innegabile che c'erano evidenze che certe attività predisponessero maggiormente al contagio. La cosa caratteristica del coronavirus è che la trasmissione è molto più irregolare dell'influenza: ci sono alcune situazioni, come i cori o le situazioni di lavoro a basse temperature che ne hanno favorito la diffusione. È un virus che è irregolare nella sua trasmissione.

Per quanto riguarda la situazione delle terapie intensive, cosa pensa?

Tenga presente che in Lombardia le terapie intensive che ricoverano casi di Covid sono solo alcune. Ad esempio i centri Covid sono 17, ma a Milano solo due terapie intensive ricoverano malati Covid: il Sacco e il Policlinico. Il Niguarda ricovera malati Covid, ma solo con un trauma maggiore. Per il momento non c'è sovraccarico: poi ciò che succederà in futuro vedremo, io penso che prossimo mese dovremmo essere in una situazione simile a quella attuale, e ciò che stiamo vedendo sono casi non molto aggressivi. Noi abbiamo mandato in Rianimazione un paziente nell'ultimo mese e mezzo, adesso abbiamo 17 pazienti Covid che sono da noi per motivi anche logistici: perché provenienti da Rsa e in attesa che si negativizzino. Sono ricoverati in reparti normali, su 17 ce ne sono 3 con supporto di ossigeno, ma non con la ventilazione assistita. Per ora, ripeto, cerco di vedere il bicchiere mezzo pieno e di casi gravi non ne stiamo vedendo. Siamo pronti nel caso, ma il pericolo è il sovraccarico del territorio, non degli ospedali.

Professore, nel video della scorsa settimana apparso sul canale Youtube dell'ospedale Niguarda lei è stato bersagliato dalle critiche e dagli insulti dei cosiddetti No-vax. Come mai, nonostante usciamo da un'importante emergenza sanitaria causata anche dalla mancanza di un vaccino specifico, questo movimento sembra essere sempre più presente e violento?

Ma guardi, lo deve chiedere ai sociologi. Le posso dire i numeri: su Youtube ci sono 101mila visualizzazioni e poco più di 200 persone che hanno scritto non mi piace: è lo 0,4 per cento, non credo sia una percentuale così rappresentativa. Sicuramente però è un fenomeno che nei termini del successo di una campagna vaccinale va tenuto sotto controllo da chi si occupa di sociologia, di psicologia o di psichiatria…

Cosa vorrebbe dire ai No vax?

Di informarsi meglio, di non informarsi da fonti alternative ma da chi ha competenza. In tutto il mondo chi ha le competenze ha stabilito che la vaccinazione antinfluenzale, nelle categorie per cui è prevista, ha un vantaggio notevole, tanto è vero che vengono impiegati soldi delle nostre tasche. Poi, ripeto, è una vaccinazione non obbligatoria: nessun obbliga qualcun altro a vaccinarsi.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
436 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views