Inchiesta urbanistica, Pacini (Pd): “Chat private fra Comune e costruttori? Inaccettabili, ora una svolta”

"Le chat di Manfredi Catella con l'assessore Giancarlo Tancredi e il direttore generale Christian Malangone? Semplicemente inaccettabili". Così Lorenzo Pacini (Partito Democratico), assessore al Municipio 1 di Milano, commenta gli ultimi sviluppi dell'inchiesta sull'urbanistica che ha travolto la città e fatto tremare Palazzo Marino con le dimissioni dell'assessore all'urbanistica Tancredi (arrestato lo scorso 31 luglio e recentemente tornato in libertà dopo la decisione del Tribunale del Riesame) e l'iscrizione nel registro degli indagati del city manager Christian Malangone e del sindaco Beppe Sala.
All'interno delle chat depositate nei giorni scorsi dai pm di Milano sono emersi scambi continui tra Manfredi Catella con il city manager Malangone e l'assessore Tancredi. Messaggi in cui il ceo di Coima Sgr dà "la linea" al direttore generale del Comune, chiede aggiornamenti sui progetti, si lamenta di alcuni funzionari…
In una parola, inaccettabile. È inaccettabile che un privato cittadino, che rappresenta interessi specifici di una sgr privata, possa discutere del futuro della città e degli interessi della società stessa con un assessore e con il direttore generale. Al di là dei contenuti di questi messaggi, è proprio sbagliato che un imprenditore si rapporti a persone che svolgono funzioni pubbliche per la città in maniera informale, al di fuori dei canali ufficiali, senza alcuna trasparenza. Anche i suoi concorrenti hanno forse le chat con l'assessore e il direttore generale? Anche un normalissimo cittadino con una questione urbanistica pendente in Comune può rapportarsi in questa maniera all'amministrazione? Così si cancella il principio fondamentale di dell'uguaglianza dei cittadini.
L'assessore alla Rigenerazione Urbana Giancarlo Tancredi ha fin da subito rassegnato le dimissioni in Consiglio comunale.
Sui reati contestati non mi esprimo, sarà compito della magistratura. In ogni caso, mi sembra però ci sia una evidente questione di opportunità politica. In questi scambi di messaggi si discute apertamente, ad esempio, di bozze che lo stesso Catella, costruttore più importante a Milano, avrebbe inviato a Tancredi e al direttore generale Malangone per sostenere ufficialmente l'interesse pubblico di uno dei suoi progetti. Questo modo di procedere non può esistere: qualsiasi amministratore locale sa benissimo che, quando si ha a che fare con soggetti che rappresentano interessi privati, si devono sempre seguire regole e canali ufficiali. Non è una questione morale ma politica, che è completamente mancata in questa vicenda.
E il sindaco Beppe Sala, con cui – stando alle indagini della Procura di Milano – sempre Catella si rivolgeva spesso per messaggio con richieste di chiarimento, incontri, inviti a cena a casa? Come ne esce?
Il punto non è come ne esce il sindaco Sala, ma come ne esce la città e come rimettere l'interesse pubblico al centro dell'azione politica dell'amministrazione. Non l'interesse privato o quello misto privato-pubblico ma solo quello che serve ai cittadini di Milano, trovando in tutti i modi la via per abbassare il costo della vita in città. Questo deve essere l'unico nostro faro politico. Che non mi sembra abbia illuminato le decisioni prese finora.
In questi ultimi anni si è parlato tanto di "Modello Milano", quello di una realtà urbana internazionale dove i costi schizzano alle stelle, lasciando indietro chi non si può permettere un'esistenza ad alto reddito. Solo narrazione o realtà?
Ho la sensazione che, in questi ultimi anni, ci siano state due azioni politiche parallele. Da un lato il quotidiano sforzo dell'amministrazione tutta, a partire dai municipi, di far fronte alla spesa sociale, di tirare fuori risorse per rispondere alle esigenze pubbliche. Dall'altro, sempre internamente all'amministrazione milanese, scelte in controtendenza con questo orientamento. Decisioni che promuovono un modello di sviluppo che sulla carta dovrebbe portare lavoro e denaro ma che, nella realtà, non distribuisce questi benefici alla collettività. Chi trae davvero guadagno da questi investimenti, alla fine, sono i fondi privati. Emblematica è la questione degli oneri di urbanizzazione.
Cioè?
Un esempio tra tanti. Perché un costruttore di un palazzo con decine di appartamenti da un milione di euro l'uno, alla fine, ha versato nelle casse del Comune nemmeno la metà del costo di un singolo appartamento? È questo modello a essere sbagliato, e lo stesso Partito Democratico lo sta dicendo da tempo: nell'aprile del 2024 ha dichiarato che il "Modello Milano" era da cambiare, attirandosi le polemiche e le critiche di Sala. Mi sembra che oggi i fatti dimostrino che aveva ragione.
L'era di Sala, però, scade nel 2027. Quale potrà essere quindi l'indirizzo, quali le sfide di una prossima giunta di centrosinistra a Milano? Continuità o cambiamento?
L'unica visione della città di sinistra che potrà funzionare è quella che pone l'interesse pubblico sopra ogni cosa. Molto chiaramente, non potrà più esistere un canale privilegiato per chi rappresenta interessi privati: nessun amministratore dovrà avere chat con chi costruisce a Milano.
E poi?
Poi servono le ricette politiche per investire su infrastrutture pubbliche come trasporti, casa, welfare cittadino, soprattutto cercando risorse lì dove ci sono. Aumentando al massimo gli oneri di urbanizzazione e chiedendo maggiori sforzi contributivi a chi sta meglio a Milano – e ce ne sono tanti, perché siamo la città più ricca d'Italia- . Insomma, chi ha di più deve pagare di più per aiutare chi ha di meno, cioè i lavoratori essenziali che ogni giorno fanno funzionare la nostra città.
Sala ha però difeso il modello di sviluppo di Milano.
C'è operazione urbanistica e operazione urbanistica, ovviamente. Una nuova metropolitana fa crescere il prezzo delle abitazioni, sì, ma porta reali benefici a chi vive e lavora a Milano. La riqualificazione di piazzale Loreto con il centro commerciale e le catene di negozi, invece, fa impennare i prezzi del mattone senza nessun guadagno per la collettività. Si tratta solo di scelte politiche: il focus, appunto, deve sempre e prima di tutto l'interesse pubblico. E riuscire a contenere il costo abitativo di Milano senza contribuire a drogare il mercato con questa folle idea di attrattività cittadina che di fatto richiama solo ricchi, turisti, stranieri e speculatori, soggetti che in fin dei conti guardano al proprio ritorno economico, non al benessere collettivo.
Dopo tutto questo c'è il rischio concreto di consegnare la città in mano alla destra, alla prossima tornata elettorale?
No, se la sinistra sarà in grado di proporre un modello alternativo al centro neoliberale e alla destra. Non siamo differenti da loro solo perché realizziamo le piste ciclabili o siamo più sensibili sui diritti civili: dobbiamo essere alternativi alla destra soprattutto perché rendiamo possibile alle persone con uno stipendio normale la vita a Milano. Questo è essere di sinistra, questo è essere progressisti. Non possiamo tralasciare la questione economica, oggi più cruciale che mai. Solo così saremo credibili: dobbiamo avere il coraggio di riconoscere gli errori, cambiare, incanalando il dibattito all'interno di un percorso di primarie.