Il Tribunale del Riesame sul procuratore Venditti: “Niente corruzione, non c’è sistema Pavia”

Non sarebbero emerse evidenze investigative tali da far ritenere che in Procura a Pavia ci fosse un vero e proprio "sistema", così come ipotizzato dai pubblici ministeri di Brescia. E questo perché mancherebbero gli elementi necessari per ritenere che l'ex procuratore Mario Venditti e il pm Pietro Paolo Mazza avessero acquistato svariate automobili con lo sconto da una società a cui, in cambio, avrebbero assegnato incarichi per servizi di intercettazione nelle indagini: quelle auto, tre macchine e un furgoncino, sarebbero infatti stati utilizzati non per fini privati dai due magistrati ma da vari ufficiali di polizia giudiziaria, e di conseguenza "non in via esclusiva né prevalente da quella che viene definita una squadra".
Lo scrive il Tribunale del Riesame di Brescia nel motivare l'annullamento del sequestro dei dispositivi di Venditti eseguito il 9 ottobre a carico dell'ex procuratore pavese Mario Venditti e del collega Pietro Paolo Mazza, ora a Milano, nell'inchiesta bresciana sul cosiddetto "sistema Pavia", che si intreccia in parallelo con il caso dell'omicidio di Chiara Poggi a Garlasco (Pavia).
I giudici hanno spiegato infatti che "tutti gli elementi" portati dai pm per sostenere le accuse di corruzione e peculato sarebbero in realtà "incongrui". Le automobili prese a noleggio o comprate dalla Esitel di Cristiano D'Arena (pure lui indagato a Brescia) sarebbero secondo i giudici davvero servite per le attività investigative ed erano state acquistate poi dai magistrati a prezzi di mercato, con pagamenti tracciati. Lo stesso discorso vale per la loro manutenzione e anche per l'assegnazione degli incarichi per le intercettazioni, in merito alla quale non sono state ravvisate anomalie. Pertanto, si legge nell'atto, le circostanze emerse dagli atti in mano ai pubblici ministeri "potrebbero, eventualmente, assumere un qualche rilievo in termini di opportunità".