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Il marito lavora in Svizzera e la moglie prende il reddito di cittadinanza: denunciata

I finanzieri di Menaggio hanno scoperto che una donna residente a Carlazzo, in provincia di Como, ha preso dal 2019 migliaia di euro di reddito di cittadinanza senza averne diritto. Non aveva infatti mai segnalato la situazione del marito, che lavora in Svizzera. È stata denunciata alla Procura e segnalata all’Inps, a cui dovrà restituire il denaro ricevuto.
A cura di Simone Gorla
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Prendeva da mesi il reddito di cittadinanza, ma non aveva dichiarato che suo marito lavora in Svizzera. Per questo la guardia di finanza ha denunciato una donna residente a Carlazzo, in provincia di Como.

Prende il reddito di cittadinanza, ma il marito lavora in Svizzera

I controlli dei finanzieri di Menaggio hanno permesso di scoprire che la donna, che dal 2019 aveva percepito migliaia di euro di reddito di cittadinanza, non aveva mai segnalato l’impiego in Svizzera del marito convivente. L'uomo, oltre al reddito estero, ha un’autovettura di grossa cilindrata. Gli approfondimenti dei militari hanno permesso di ricostruire la reale situazione economica della coppia, in collaborazione con il centro di cooperazione di polizia e doganale di Chiasso, attraverso l’acquisizione del permesso di lavoro rilasciato dallo Stato elvetico, necessario per l’attività di frontaliere del marito dell'indagata.

Denunciata alla Procura, dovrà restituire all'Inps il denaro ricevuto

La donna, che aveva omesso nella presentazione della DSU (dichiarazione sostitutiva unica) di indicare l’emolumento del coniuge convivente è stata denunciata alla Procura della Repubblica di Como, per le ipotesi di reato di cui all’art. 7 del D.L. 28/01/2019 n. 4, avendo indebitamente percepito sussidi a danno dello Stato, nonché segnalata all’Inps per il blocco dell’erogazione e il conseguente recupero di quanto già incassato. Risultano particolarmente severe le pene per l’illecito contestato – ricordano le fiamme gialle -, la reclusione infatti, a seconda delle circostanze, può arrivare nei casi gravi fino a 6 anni con l’immediata revoca del beneficio.

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