Gli serve una Tac per salvarsi, ma la visita a Milano è dopo un anno: “Con 800 euro avrei trovato posto subito”

Esami urgenti, da effettuare nel giro di poche settimane, la cui disponibilità viene data dopo più di un anno. Liste d'attesa infinite e cure di base che non vengono garantite ai pazienti più fragili. È la fotografia attuale del sistema sanitario pubblico di Milano e della Lombardia, che il più delle volte non riesce a garantire in tempo utile le prestazioni mediche necessarie.
La soluzione più rapida per i pazienti, così, diventa quella di rivolgersi al privato, dove lo stesso esame si può prenotare addirittura il giorno successivo alla prescrizione del medico curante. Un'opzione che però, naturalmente, costa carissimo. Più di 800 euro, ad esempio, nel caso di Leonardo Di Pierro, 71 anni, paziente cardiopatico, che ha rischiato la vita perché la prima Tac coronarica disponibile nel servizio pubblico, a Milano, sarebbe stata a oltre un anno di distanza dalla prescrizione della cardiologa: da marzo del 2025 a maggio del 2026.
La storia di Leonardo Di Pierro: "Ho rischiato di morire"
"Se avessi davvero aspettato a fare la Tac coronarica probabilmente sarei morto", racconta oggi a Fanpage.it che, a seguito delle denunce sul fallimento del Cup unico regionale e lo scandalo delle liste d'attesa che penalizzano anche le donne in gravidanza, prosegue la sua inchiesta sui malfunzionamenti della sanità guidata da Regione Lombardia. "Sono qui solo per caso, vivo per miracolo".
O meglio grazie all'intervento della moglie Silvia Boga. "Mio marito, in quel periodo, aveva difficoltà a salire le scale, persino a uscire con il cane… ho provato così a contattare anche la clinica privata convenzionata San Giuseppe, che in regime di servizio pubblico non riusciva comunque a garantire la prestazione prima di sei mesi (ottobre 2025)", ha spiegato la donna. "Poi, durante una visita, ho evidenziato il problema al cardiologo che mi segue da anni. Mi ha detto: Fai entrare tuo marito, gli facciamo al volo un ecocolordoppler da sforzo".
Risultato: il medico si rende immediatamente conto che nel paziente ci sono delle ischemie in corso. Leonardo viene quindi spedito in un altro ospedale (sempre privato convenzionato), e operato d'urgenza. "Hanno rilevato subito che la situazione era terribile, c'erano almeno due bypass da fare", sempre le parole della moglie. "È stato per dieci giorni in terapia intensiva". Ma cosa succede quando non si può disporre di un trattamento "di favore", come in questo caso? Chi può, prenota nel privato. La medesima tac coronarica qui, in Lombardia, si può ottenere infatti anche il giorno successivo alla richiesta: basta pagare dai 400 agli 850 euro, ed ecco fatto. Chi non può pagare, purtroppo, aspetta e spera, mettendo in grave rischio la propria salute e il proprio futuro.
Cos'è la super intra-moenia
Cosa fa quindi Regione Lombardia di fronte a tutto questo, per smaltire l'annoso problema delle liste d'attesa nella sanità e garantire le prestazioni sanitarie a tutti i cittadini, evitando una costosissima fuga verso il privato che in pochi possono permettersi? Mette a disposizione 10 milioni di euro per l'acquisto di prestazioni private da parte delle strutture accreditate. "Con questo provvedimento garantiamo nuove risorse, coinvolgendo il privato accreditato per offrire risposte immediate e concrete ai cittadini lombardi", è stata la dichiarazione dell'assessore al Welfare in Lombardia Guido Bertolaso. Una norma, soprannominata super intramoenia, che regala ancora più spazio e più soldi al privato.
Ecco come funziona. Quando il paziente residente in Lombardia prenota una visita o un accertamento medico tramite Cup regionale (allo sportello, online o al telefono) l’ASST o la IRCCS pubblica, in caso di assenza di slot disponibili nei tempi previsti (cioè 72 ore per una prescrizione SSN con urgenza e 120 giorni per una programmabile), può indirizzare verso una struttura privata accreditata o un medico del sistema sanitario nazionale in libera professione al costo del solo ticket o gratis, se si ha diritto all'esenzione. A mettere la differenza e a iniettare ulteriore denaro pubblico all'interno del sistema privato, così, è la stessa Regione Lombardia.
Ma non solo. Attraverso la delibera, Regione Lombardia ha introdotto linee guida ufficiali e uno schema tipo di convenzione per permettere alle strutture pubbliche lombarde di stipulare accordi con enti di sanità integrativa (assicurazioni, fondi sanitari integrativi, mutue aziendali), ovvero un vero e proprio modello di attività aggiuntiva gestita dall’impresa sanitaria pubblica verso soggetti privati/assicurativi in modo organizzato e normato. Un'opera di massiccia privatizzazione mascherata da sistema pubblico, che ha l'effetto di favorire una sanità a doppia velocità (chi ha coperture integrative accede prima) e di togliere ulteriori risorse e personale da un pubblico già in forte crisi.
Il caso San Raffaele
Al privato, però, non va certo meglio. A dimostrarlo è il caso del San Raffaele, ospedale privato convenzionato fiore all'occhiello del berlusconismo che di recente, tra il 5 e il 7 dicembre, è stato protagonista di un episodio che ha mandato in tilt il reparto di Medicina ad alta intensità: secondo le prime ricostruzioni il personale infermieristico (appaltato a una cooperativa esterna) non avrebbe infatti avuto le competenze adeguate per lavorare in un'area così delicata, causando errori nella somministrazione di farmaci, continue difficoltà nei protocolli di assistenza e il blocco degli accessi dal Pronto Soccorso, con tanto di trasferimento urgente di alcuni pazienti in altre aree della struttura.
Sul caso ora indaga la Procura di Milano. Ma resta l'evidenza di come anche un grande ospedale privato, che dal pubblico riceve parecchio denaro, soffra una cronica mancanza di infermieri e operatori qualificati. "L'elemento comune di tutto è la ricerca del massimo profitto e del risparmio", ha dichiarato di recente a Fanpage.it Vittorio Agnoletto, esponente di Medicina Democratica e docente di Politica della Salute all'Università degli Studi di Milano. "È la prosecuzione della deriva di un servizio sanitario regionale composto da una fortissima presenza del privato, dove viene a mancare il ruolo di controllo fondamentale da parte dell'istituzione pubblica".
(Con Chiara Daffini)