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Omicidio di Giulia Tramontano

Femminicidio Giulia Tramontano, no alla giustizia riparativa per Impagnatiello: perché è stata negata

La Corte d’Assise d’Appello di Milano ha rigettato l’istanza di accesso al programma di giustizia riparativa presentata da Alessandro Impagnatiello, condannato anche in Appello all’ergastolo per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano. Ecco perché la Corte ha detto di no alla richiesta.
A cura di Ilaria Quattrone
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Alessandro Impagnatiello al processo (foto da LaPresse)
Alessandro Impagnatiello al processo (foto da LaPresse)
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Nella giornata di oggi, mercoledì 9 luglio 2025, è stata diffusa la notizia che la Corte d'Assise d'Appello di Milano ha rigettato l'istanza dell'accesso alla giustizia riparativa che era stata presentata dagli avvocati difensori di Alessandro Impagnatiello. L'ex barman è stato condannato sia in primo che in secondo grado all'ergastolo perché accusato del femminicidio della compagna Giulia Tramontano, che era incinta al settimo mese di gravidanza. Il delitto è avvenuto il 27 maggio 2023 a Senago, comune dell'hinterland di Milano.

La condanna all'ergastolo e la richiesta di giustizia riparativa

Il 25 giugno 2025 è stata confermata la pena all'ergastolo dalla Corte d'Assise d'Appello. A differenza del primo grado, è stata però esclusa l'aggravante della premeditazione, ma riconosciute quella della crudeltà e del rapporto di convivenza. E proprio a causa dell'esclusione dell'aggravante della premeditazione, la Procura generale sta valutando il ricorso in Cassazione.

Al di là della condanna, la difesa di Impagnatiello, rappresentata dall'avvocata Giulia Geradini, aveva chiesto di accedere alla giustizia riparativa. Si tratta di un istituto che è stato introdotto recentemente: è infatti entrato in vigore con la riforma Cartabia. La giustizia riparativa non incide sulla vicenda penale e non è un percorso alternativo alla detenzione in carcere, ma "consiste nella ricostruzione del legame spezzato tra vittima, reo e comunità".

Perché è stato negato l'accesso alla giustizia riparativa

Nel caso di Impagnatiello, la difesa aveva motivato la richiesta parlando di "collaborazione" da parte dell'ex barman durante le indagini, la sua "immediata assunzione di responsabilità" e il "rincrescimento" mostrato a processo. La Corte d'Assise d'Appello l'ha però rigettata. In una nota il presidente della Corte Giuseppe Ondei, ha spiegato che i motivi, posti a fondamento della sua richiesta, sono stati infatti "ritenuti irrilevanti ai fini di una valutazione dell'ammissibilità dell'invio dell'imputato al programma riparatorio".

"Dovendo, infatti, quest’ultima valutazione avvenire a opera dell’Autorità Giudiziaria sulla scorta di tre parametri (previsti dal precitato art. 129 bis c. 3 c.p.p., più precisamente: 1. la utilità potenziale del percorso riparatorio, la assenza di pericolo per le parti, la assenza di pericolo per l’accertamento dei fatti" – preso atto altresì della indisponibilità (per ora irretrattabile) delle persone direttamente danneggiate dai reati commessi a prendere parte all’eventuale "programma riparatorio" (dunque, per ora, astrattamente percorribile solo con vittime ‘aspecifiche’ o surrogate) – ha ritenuto che per affermare una effettiva utilità alla risoluzione delle questioni derivanti dai reati commessi – fossero decisivi i moventi che hanno sorretto, dapprima, l’azione delittuosa di cui al capo B e, successivamente, quella di cui al capo A, ascritti ad Alessandro Impagnatiello". 

E ancora: "Moventi o impulsi criminosi che – così come, nel giudizio di secondo grado, sono stati giudicanti essenziali nell’economia del gravame e decisivi per la definizione di tutti i motivi di impugnazione – anche in questa (più cricoscritta) sede di valutazione, se rielaborati criticamente dall’interessato e portati a sua giustificazione della scelta di un percorso di riconciliazione, il che non è stato, sarebbero valsi a motivare la utilità di avvio avendo riguardo alla responsabilizzazione dell’autore dell’offesa". 

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